Fontana della Botticella di Ripetta - ROMACITTAETERNA

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Fontana Botticella di Ripetta


Dove e Collocata:

 
 

Via di Ripetta

Zona:

 
 

Campo Marzio

Autore:

 
 

Anonimo (1774)

Committente:

 
 

Papa Clemente IX (Ganganelli)

11 palazzo Valdambrini, al numero 102 di via Ripetta, presso la chiesa di san Rocco, non richiamerebbe sopra di sè l'attenzione per i suoi pregi architettonici, perchè non presenta di interessante altro che il portone barocco, molto originale, fiancheggiato da due pilastri sostenuti da mensoloni scanalati, e due buone teste di cariatidi che sosten¬gono la loggetta di travertino, sotto la quale campeggia una testa muliebre che sostiene il pilastrino centrale. Ma a richiamare la curiosità su questo mediocre palazzo, contribuisce la strana fonte che vi fece erigere Clemente IX (Ganganelli), nel 1774.
Dentro una nicchia quadrata scavata nella parte più settentrionale del palazzo, è murata in alto, nel cavo di una conchiglia, una bizzarra testa d'uomo, imberrettata, scolpita in marmo bianco, dalla cui bocca sgorga l'acqua in una piccola tazza da dove, a traverso due fistole, ricade entro un imbuto o mastello, che a sua volta la trasmette nel cocchiume di una botticella di marmo bianco, poggiata in una vaschetta più grande. La nicchia, completata da qualche ornamento architettonico, è sormontata dalla consueta iscrizione commemorativa.
Questa fontana ricorda quella del Facchino, eretta circa due secoli prima, e che ritroveremo in via Lata, con lo stesso motivo del barile o della botticella; con la differenza che il barile di via Lata versa l'acqua, e questo di Ripetta la riceve.
Per completare le notizie concernenti questa piccola fonte, si deve ricordare che il palazzo Valdambrini era già stato di proprietà, prima dei Fioravanti, poi del marchese Correa, da cui deriva il nome di « Corea » applicato al mausoleo di Augusto — l'Augusteum — che dallo stesso proprietario, divenuto impresario, era Stato trasformato in circo equestre nel secolo XVIII, prima di diventare arena per spettacoli popolari, e, da ultimo, grande e superba sala da concerti.
E' qui sotto che, per volontà del Duce e per opera del Regime, noi abbiamo avuto l'emozione di ricalcare il suolo imperiale di Roma, e di rimettere in luce le tombe del giovanissimo Marcello e di sua madre, a fianco dell'ipogeo dell'Imperatore Augusto, rievocando le pagine di una fra le più commoventi tragedie famigliari romane.

Esistono a Roma due fontane con l?effige di un facchino e di un barile: una in via Lata, dedicata ai portatori d?acqua, l?altra in via di Ripetta, dedicata invece ai portatori del vino. L?originaria ubicazione posizionava la fontana del facchino portatore di vino addossata alla facciata del palazzo Vendramini, alla quale riusciva a dare un certo tono vista la mediocrità del palazzo che fu successivamente demolito durante i lavori di sistemazione dell?area circostante l?Ara Pacis; la fontana, smontata, venne traslata sulla facciata della chiesa di San Rocco. Nel 1570, per celebrare la conclusione dei lavori di adduzione dell?acqua Vergine di Roma, era stata prevista la realizzazione di diciotto fontane dislocate in diversi punti della città una delle quali doveva essere sistemata su San Rocco. In realtà l?acqua fu condotta principalmente per servire l?ospedale delle Celate ( le donne che erano costrette a partorire in anonimato) e solo nel 1774 quando l?ospedale subì un totale restauro, la Camera Apostolica donò una certa misura d?acqua alla condizione però che questa volta la famosa fontana fosse realmente costruita. Di fronte a San Rocco, nel porto di Ripetta, attraccavano le navi cariche di mercanzia; per tale ragione la confraternita degli osti volle erigere una fontana ristoratrice raffigurante un facchino simbolico per tutti i portatori di legna, vino, acqua, verdura, di tutte le merci che arrivavano a Roma per via fluviale; non a caso scelsero il portatore di vino. Il perché si ritrova nelle abitudini e consuetudini del porto, fra tutte le merci in arrivo la più ambita e desiderata era senz?altro il vino. Infatti tutte le partite di questa merce provenienti dall?alto Lazio trovavano qui i primi diretti estimatori e ovviamente assaggiatori: erano i portatori che compivano il magico rito della degustazione, dinanzi alla chiesa, patronimica degli osti, accompagnato da feste e baldorie. La fonte non poteva avere quindi migliore sistemazione se non qui, fra S. Rocco e S. Girolamo degli Schiavoni, in una nicchia ricavata nell?arco che collega le due chiese. Una buffa testa d?uomo dal berretto sbilenco, tipico dei facchini, sorridendo versa acqua in una sottile vasca ovale sospesa su un mucchio di pietre che fanno da fondale a tutta la composizione. Alla base di questa vasca, due fistole gettano acqua in un rozzo catino che a sua volta la riversa nell?imboccatura di una botte rovesciata sul fianco. Un bordo marmoreo, infine, delimita una piscina a livello terra che conclude la composizione. Sul fondale, oltre all?ammasso informe di pietre, è disegnata una cornice in falsa prospettiva che inquadra la valva di conchiglia da cui spunta la testa ridanciana del facchino (quasi fosse una perla!). Un arco decorato a bassorilievo nella cui lunetta si disegna una apertura ogivale serrata da un?inferriata, delimita la fontana superiormente. La nicchia è sovrastata da un epigrafe in cui si legge:
?BENEFICENTIA CLEMENTIS XIII PONT. MAX AQUA VIRGO ANN. MDCCLXXIIII"

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