XVII Sallustiano - ROMACITTAETERNA

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RIONE XVII  Sallustiano

Origine Araldica
Di azzurro allo specchio di Venere Encina d'oro (allusivo al tempio della dea negli Orti Sallustiani).Situato sulla parte nord del colle Quirinale, deve il nome agli Horti Sallustiani. Nel breve tratto di Mura Aureliane ai confini del rione venne aperta la "Breccia di Porta Pia" Il 20 settembre 1870. data che segnò la nascita di Roma Capitale d'Italia.



Il rione XVII, Sallustiano, si articola nella par più a nord del colle Quirinale, il Collis per ec che raggiungeva l'altezza massima di 57 metri nel punto più alto di via Quattro Fon là dove questa interseca la via del Quiri Questa strada, che nel tratto che interessa il nostro rione costituisce l'asse viario più im ricalca l'antica Alta Semita che era il naturale proseguimento del vicus Portae Colli- nae, che raggiungeva l'omonima porta che si apriva nella cinta muraria «serviana». Il colle era abitato già dall'età del ferro e sono infatti di questo periodo alcune tombe scavate sia nelle vicinanze della futura porta Collina sia in altre località e i primi abitanti sarebbero stati i Sabini e il loro re Tito Tazio. Il Quirinale era strettamente connesso con l'al colle, il Viminale, dal quale se ne distaccava soltanto per una profonda valle che oggi, inter corrisponde al tracciato della via Sallu- stiana e al Viminale unito amministrativamen in età repubblicana in quanto entrambi parte della regione Collina e in età imperiale della re vi, Alta Semita. Il nome del colle era fatto derivare, dagli antichi, da quello della città sa Cures, ma sembra più probabile che esso derivi invece da Quirites e Quirinus. In età re il colle Quirinale fu sempre abitato sia con abitazioni a carattere intensivo sia con ville, la più famosa delle quali, la villa di Sallu ha dato poi il nome dell'attuale rione. Il colle era anche sede di antichi santuari e templi fra cui quello di Venere Ericyna e quello, co in età imperiale, della gens Flavia. Il tempio di Venere Ericyna, anche se è stato localizzato oltre la via Boncompagni, confine del nostro rione, deve essere ugualmente preso in considerazione poiché è l'aureo specchio, simbolo di Venere, che in campo azzurro è pre nello stemma del rione Sallustiano. Il tempio, dedicato nel 215 a.C., era quindi fuori delle mura urbane, ed è riportata infatti nel calendario precesareo, al giorno 23 aprile, l'indicazione: Venere Ericyna, alla voce Vina- lia (feste) per indicare come in quel giorno ve ricordata la dedica del tempio, ma altre feste avvenivano nel tempio anche il 25 dello stesso mese come si legge nei fasti prenestini. Il tempio fu fatto costruire dopo la presa di Si e fu portata a Roma per ottemperare al responso della Sibilla, la statua della dea dal monte Erice. Sappiamo da Ovidio che nel tem era situata anche la statua del dio Amore «Mie ed iuvenes votis oblivio poscunt, et si qua est duro capta puella viro». E il dio co sugli infelici innamorati l'acqua che fa dimenticare (Lete) ne alleviava le pene amo Possiamo ritenerle una prosecuzione delle prime le feste che avvenivano due giorni dopo il 25 aprile: «Festus est puerorum lenoniorum quia proximus superior meretricum est». In quel giorno, secondo quanto riporta Plutarco, nel tempio veniva sparso molto vino a ricordo, egli dice, dell'episodio leggendario di Massen il quale avrebbe promesso in caso di vitto ai suoi soldati molto vino. Perduta da co la battaglia, Enea avrebbe preso il vino e cosparso con questo il tempio di Venere. In realtà il vino avrebbe dovuto essere dedicato a Giove e le feste denominate Vinali ma Plutarco le chiama Venerali in quanto erano subentrate a quelle che avevano perduto importanza.

. Le   feste vinalia si svolgevano in onore di Giove e di Venere. In esse si libava al dio il vino nuovo e, secondo la tradizione, il primo ad offrire questo sacrificio sarebbe stato Enea. Il vinum, infatti, in quanto tecnicamente con anche un venenum era ritenuto un possibile filtro d'amore e quindi posto in rela con Venere. La Venere Erycina traeva la sua immagine divina dalle divinità dell'Oriente mediterraneo quali la fenicia Astarte e la meso- potamica Ishtar e come queste divinità era de della sovranità politico-religiosa, che veniva trasferita al re attraverso il vino consa e ciò spiega il collegamento della tradi fra questo culto e la leggenda di Enea. Recentemente si è voluto identificare nei rilievi del cosiddetto «Trono Ludovisi» le figure del mito della stessa Venere Erycina e si è afferma che il «trono» (conservato nel Museo nazio romano) sia da attribuire al santuario del dea identificato a Locri, in Magna Grecia. Da qui il trono dopo la conquista romana sa stato portato a Roma per ornare il tem romano della dea. È da ricordare che l'im reperto archeologico fu rinvenuto du i lavori di urbanizzazione della zona nelle proprietà Ludovisi. S. Agostino sostiene che nella religione romana esistevano due Veneri, una onesta ed una disonesta. Alla prima erano rivolti i sacrifici delle vergini e delle oneste ma di famiglia e alla seconda quelli delle mere Il tempio di questa seconda Venere affiné la libidine non entrasse nelle famiglie ro era necessariamente situato fuori della
cinta muraria e mentre le feste della prima av alle calende di aprile, il giorno 23 del stesso mese erano le meretrici che ornavano il simulacro della dea con intrecci di rose, mir e menta. Nella zona del rione, in antico, do tenersi anche le feste in onore di Flora, le Floralia. Questa divinità, stando a quanto riporta Varrone, era venerata, fin dai tempi di Tito Tazio, sia dai Sabini che dai Romani. Tito Tazio avrebbe infatti dedicato altari a questa divinità, che sarebbe stata confusa con Acca Larenzia. È probabile che il primo tempio sia stato costruito qui sul Quirinale in sostituzione dell'antico altare sabino e poi caduto in disuso al punto che, susseguitesi alcune annate sterili, il Senato volle fosse dedicato alla divinità un altro tempio (in prossimità del Circo Massimo) e fossero istituiti altri giochi, estremamente li che sempre lì si svolgevano. Riporta Valerio Massimo che gli spettatori, volendo chiedere alle cortigiane che li animavano di spogliarsi (non avendo il coraggio di farlo alla presenza di Catone il Censore), avrebbero ri l'intervento di un comune amico. Cato avvisato da questi, avrebbe così abbando le feste per non impedire il naturale svol di queste.
Flora rimase però legata ugualmente al rione Sallustiano perché una tradizione medievale e rinascimentale, suffragata da una citazione di Pomponio Leto, la vuole legata alla manifesta delle feste Floralia. Nel rione, infatti, si suppone sorgesse il circo di Flora disposto fra  l'attuale via xx Settembre e via Boncompagni (lo vediamo indicato nella pianta di G. B. Nolli del 1748), il quale non avrebbe avuto una cavea in muratura, ma solo di murature di sostruzio Fu il rinvenimento dell'obelisco di granito rosa che alimentò tale opinione, obelisco che come vedremo è copia di quello fatto portare a Roma da Augusto per ornare il Circo Massi e che oggi è a piazza del Popolo

L'obelisco sallustiano si rinvenne nell'area dei grandi Horti Sallustiani per cui si ritiene che ornasse non già la spina del circo di Flora, bensì un ip privato della villa stessa. Dalle iscrizioni funerarie, soprattutto quelle rinvenute durante la costruzione del vicino mi delle finanze, si conoscono i nomi degli abitanti, supposti, della zona. Fra questi emer naturalmente quello del celebre storico L. Sallustio Crispo, che nel settore più settentrio del Quirinale si era fatto costruire un grandioso complesso di giardini poi passato al demanio imperiale, elementi del quale si rin in numerose parti della zona a testi l'importanza e le dimensioni del com Altre testimonianze di strutture antiche sono costituite dai resti della porticus milia- riensis: una struttura a due piani porticata con giardino e forse pertinente ad un ippodromo privato che l'imperatore Aureliano si era fatto costruire nell'area degli Horti Sallustiani. Que sono stati rinvenuti nel primo tratto della via xx Settembre, mentre resti di una probabi cisterna, con due ambienti paralleli e comu per la presenza di pilastri divisori e con volte a crociera, si rinvenne nel 1879 nei pressi del ministero delle finanze ed attribuita an ai giardini sallustiani. Altri resti, que volta di una galleria di 8 metri di lunghezza per circa 4 di larghezza, sono invece stati indi in via Boncompagni nella costruzione del villino omonimo ed ancora resti di età adrianea, cui si riferiscono anche quelli cospi in piazza Sallustio, sono stati individuati fra via Boncompagni ancora e via Quintino Sella. Ancora più vicino alla via Sallustiana sono invece stati individuati i resti di murature di età (traiano-adrianea) con tracce di pavi realizzata con segmenti di marmo policromi (opus sedile) e di mosaico parietale; altri ancora lungo la stessa strada e, all'angolo con via Lucullo, è stato ritrovato un importan criptoportico con pitture durante la costru di un garage-autorimessa in via Friuli. Una vasta area sepolcrale con sepolture a ca signorile, databile fra la fine del i seco a.C. ed abbandonata alla fine del successivo, è stata trovata per lo più all'angolo fra le odier via Belisario e via Piave. Quest'ultima strada ricalca il percorso della via Salaria Nova, che usciva dalla porta Salaria (che si trovava più avanti verso piazza Fiume) e prima ancora dalla porta Collina. La via Sa vetus invece affiancava il corso del fiume mentre una volta superato l'Aniene il percorso delle due strade riprendeva unico. I cippi fune rinvenuti nell'area sepolcrale recano i nomi dei Calpurni appartenenti alla famosa famiglia romana. Si legge infatti il nome di C. Calpur- nio Pisone Liciniano console nell'87 d.C., del figlio di L. Calpurnio Pisone, console M. Liei- nio Crasso Frugi, che fu console nel 15 a.C. e adottato da Licinio Crasso e della moglie del console del 12 a.C., L. Cornelio Volusio Satur e cioè Licinia Cornelia Volusia Torquata. I cippi funerari sono oggi conservati nel Museo nazionale romano. Altri monumenti funerari si trovavano presso la porta Salaria: quello del piccolo poeta Q. Sulpicio Massimo, ora sposta prima di piazza Fiume e quello di cui oggi si conserva solo parte della decorazione archi ma di proporzioni ben più grandi ap ad una Cornelia, moglie di Vatienus e figlia di un L. Scipione. Solo una piccola parte delle mura aureliane, comprese fra le due porte, Salaria e Nomenta- na, interessano il rione  xvii . Ma nel settore delle mura in corrispondenza con il giardino della villa Bonaparte fu aperta la breccia che segnò l'annessione di Roma al resto dell'Italia, il 20 settembre 1870.

Gli acquedotti che attraversavano i giardini sal- lustiani furono tagliati dai Visigoti di Alarico quando nel 410 entrarono in Roma incendian¬do la villa che da quel momento in poi giacque abbandonata. L'area rimane quindi abbando¬nata e forse un tentativo di ripresa si ha alla fi¬ne del Quattrocento quando avviene un certo ripopolamento. Infatti l'area del rione, in età rinascimentale, risentì delle scelte urbanistiche di Sisto v, che nel vicino Esquilino nella villa Montalto aveva eretto la sua residenza. Negli stessi anni si provvedeva alla costruzione della chiesa di S. Maria degli Angeli nei ruderi delle terme di Diocleziano. Infatti, riportata l'acqua nella zona, questa vedeva l'inizio di un tentati¬vo di sviluppo urbanistico che comunque non sarebbe divenuto completamente operativo pri¬ma del 1870. Tuttavia la costruzione di alcune grandi chiese come S. Maria della Vittoria e la risistemazione delle chiese di S. Susanna e di S. Bernardo costituivano il segno estremo di una scelta della direttrice Quirinale-Porta Pia che faceva sentire i suoi effetti anche nella zona di porta Salaria. Questa, comunque, manteneva un carattere commerciale e popolare e restava circondata da orti e da vigne anche se alcuni terreni assumevano con il tempo i caratteri di giardini di alcune ville aristocratiche. Ad esso segue ad opera di papa Pio iv, Medici (1559-1565), la sistemazione della grande dor¬sale dell'/Ita Semita, che da lui prende il nome di Pia (via del Quirinale e via xx Settembre) e quindi, ad opera di papa Sisto v, Peretti (1585-1590), la costruzione della grande fonta-na del Mosé, che vide l'afflusso nella zona del¬l'acqua Felice. Alla fine dell'Ottocento la valle di origine alluvionale su cui si affacciava il complesso degli Orti Sallustiani fu colmata (ora è a 14 metri sotto il livello stradale), allor¬quando si iniziò la costruzione della zona
Sallustiana-Ludovisi interessata da un'urbaniz¬zazione intensiva, come avvenne, del resto in altre zone di Roma dopo il 1870. Vengono co¬struiti dapprima la sede del ministero delle fi¬nanze, voluta da Quintino Sella, quindi il gran¬de palazzo del Museo geologico ed altre sedi ministeriali che incrementarono le costruzioni di palazzi per abitazione, che, mentre in un primo momento si dispongono principalmente lungo la via xx Settembre, poi intorno al 1891 occupano anche l’aerea attorno a piazza Sallustiana.

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