IV Campo Marzio - ROMACITTAETERNA

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RIONE IV CAMPO MARZIO
Origine Araldica
Questo Rione per Geroglifico nella Bandiera mostra una mezza luna in Campo Azzurro; e dell'antico Campo Marzo ov'è situato prende il suo Nome. Corrisponde all'antica IX regione, quella del Campo di Marte. che almeno fino al IV secolo fu un  grande quartiere militare per buna parte della sua estensione.


Dalle origini ai tempi moderni

Per Campo Marzio oggi intendiamo solo la parte settentrionale d'una vasta pianura, i cui originali confini erano segnati dalle alture del Campidoglio e del Quirinale a quelle dei monti Parioli, avendo ad occidente e a settentrione il fiume come limite estremo. Il nome, come evidente, derivava dal fatto che tale pianura era appunto usata come piazza d'armi, come campo cioè per le evoluzioni e le esercitazioni dell'esercito. Ma la cosa non impediva che i comuni cittadini potessero frequentare il Campo per allenamenti del tutto individuali, approfittando anche di certe strutture fisse predisposte alla bisogna. "Perché", domanda Quinto Orazio Fiacco, in un'ode diretta alla fanciulla Lydia, "perché vai rovinandomi Sybari, l'amico mio, a forza d'amore? Avvezzo com'era alla polvere ed al sole, ora odia il Campo, perché non cavalca più fra gli altri alunni della milizia, né più infrena con morso lupato, un valido cavallo gallico? Perché l'acqua del Tevere lo spaventa e l'olio dell'atleta gli fa ribrezzo...? Com'è che non mostra più i lividi dell'armatura e nelle braccia i segni del disco e dello strale fortemente lanciati oltre la meta...?".
Quest'attività sportiva contemplava anche altre attività, come sottolineato dalla presenza d'una sorta d'ippodromo, che per essere prevalentemente usato da carri a tre cavalli, la triga, era detta trigarium, ubicabile più o meno nella zona delle vie Giulia-Monserrato. Ma non basta, si andava in Campo Marzio anche per motivi politici. I cittadini infatti confluivano nei Saepta, sorta di aree transennate, per assistere ai comizi e per esprimere il voto. "In origine", riporta il Carnevale, "erano i Saepta, un grande spazio, recinto di tavole e diviso in sezioni, ove le tribù e centurie aduna- vansi nei loro comizi per dare i voti... fu in detti Saepta e nel Foro, che si svolsero le grandi lotte cittadine...ai tempi dei Gracchi...". Ma il nome, oltre alle succitate funzioni, lascerebbe supporre una presenza massiccia quanto simbolicamente significativa di zone dedicate al dio della guerra, ma proprio in ciò c'è di che restare delusi. Infatti, mentre si avrà con la nota Ara, un importantissimo monumento dedicato alla Pace, il padrone di casa, Marte, dovrà contentarsi di quella sorta di "ammucchiata" propria del Pantheon, nel quale non poteva non esservi incluso.

Questo ovviamente allo stato attuale delle nostre cognizioni. Svariate sono le ipotesi in proposito infatti. La più consistente fra queste, sta cercando d'esaminare, per quanto possibile data la ubicazione, un monumentale basamento, che potrebbe rendere a Marte quanto di sua spettanza, ma si tratta nientemeno che frugare svariati metri sotto l'attuale via del Plebiscito! Se Marte, per il momento, è curiosamente latitante, non altrettanto possiamo dire per altri culti. Il Campo infatti abbonda. Fra questi, il più curioso è senza dubbio legato a certi fenomeni post-vulcanici, che in epoca storica ancora si verificavano nella zona, grosso modo, occupata dalla chiesa dei Fiorentini. Il fenomeno, collegato con un culto ctonio sotterraneo, cioè aveva di per sé un qualcosa d'infernale. Infatti sembra che Proserpina c'entrasse
in qualche modo, e conseguentemente quel Tartaro, sempre considerato suo involontario regno, donde il nome di Tarentum dato al luogo. Certo che il sottosuolo di Roma è ben lungi dall'esserci noto, qui esalazioni sulfuree, in Trastevere, addirittura petrolio! Il fatto che il Campo fosse di proprietà demaniale favorì lo svilupparsi in esso d'una edilizia pubblica famosa per la sua monumentalità. Nel 431 a.C., si iniziò con la costruzione del tempio di Apollo detto in seguito Sosiano, tra l'attuale piazza Campitelli e il Monte Savello; agli inizi del III secolo, sempre a.C., sarebbe stata la volta di quello dei Bellona, ubicabile nei pressi della chiesa di S.Marco. L'intero complesso del largo di Torre Argentina, occuperebbe lo spazio tra la fine del iv e gli inizi del I secolo a.C.; al II secolo andrebbe fatto risalire il tempio d'Ercole e delle Muse, e nello stesso periodo, e più precisamente al 168, i portici di Ottavio, ed alla metà del I secolo i portici ed il teatro di Pompeo, il primo nel suo genere ad essere costruito in muratura, e ciò solo a motivo dell'ordine pubblico. In effetti si nota che man mano le libertà repubblicane vanno scomparendo, con il progressivo affermarsi del principato anche gli spazi del Campo facciano altrettanto, sempre più occupati, in modo direttamente proporzionale, dall'edilizia che stiamo elencando. Questa sorta di scena su cui Roma sembra giocare la sua parabola politica, toccherà il suo culmine con l'uccisione di Cesare, avvenuta come tutti sanno, fra l'attuale piazza di Torre Argentina e la piazza dei Satiri, ov'era oltre il teatro la curia di Pompeo. Ma non possiamo certo arrestarci a delle mere considerazioni, senza continuare a far spazio ai grandi monumenti che progressivamente affolleranno il Campo Marzio. Notevoli i teatri e gli anfiteatri, Flaminio, Marcello, Balbo, per arrivare alle grandi opere patrocinate da Agrippa, il che vale a dire terme, laghi, Pantheon, acquedotti, cloache, portici, per concludere l'era antica con il mausoleo d'Augusto e l'Ara Pacis.
Tutto questo vasto insieme, venne già da Augusto suddiviso in più regioni, quali la VII, via Lata, la IX, Circus Flaminius; e la VI, Alta Semita.
Nel medioevo abbiamo una nuova ristrutturazione della città o meglio di quello che ne resta. Nel XIII secolo la nostra zona venne denominata Regio Posterule et Sancii Laurentii in Lucina. Ciò testimoniava come in quell'epoca il tratto delle mura aureliane tra la porta Flaminia e ponte S.Angelo, ora completamente scomparso, fosse ancora in piedi, donde l'importanza delle posterule. Sul finire del medioevo il rione assunse una spiccata caratteristica internazionale. Forse per l'accrescersi del movimento fluviale, poi concentrato a Ripetta, sorse infatti un agglomerato di case noto come "borgo Schiavonia", appunto perché prevalentemente abitato da gente dalmata ed illirica. In particolare l'area, occupata in seguito dall'ospedale S.Giacomo, era abitata da comaschi, varesotti e caravaggesi, riuniti in salde congregazioni. I Greci dettero il loro nome ad una precisa contrada ove Gregorio xiii fece fabbricare un seminario tutto per loro. I Bretoni, inoltre, presero ad abitare attorno alla chiesa di S.Ivo alla Scrofa. E tutto ciò senza parlare delle residenze di numerosi ambasciatori.

Grandi famiglie romane avevano case in questo rione. Gli Orsini a piazza Nicosia e via dei Prefetti, il cui nome rammenta però i più antichi Di Vico. I Colonna si arroccarono sul mausoleo d'Augusto. Ed ancora troviamo i Conti, gli Amati d'origine partenopea, i Benzo- ni di provenienza lombarda ed ancora gli Astalli, i Marescotti, imparentatisi coi Ruspoli e poi i Tosti, i Margani, i Vitelleschi, i Della Valle, gli Alberini ed i Capponi. Nonostante una così nutrita presenza, non abbiamo però notizie di torri e fortificazioni particolari, eccezion fatta per quella degli Orsini all'Augu- steo ed a villa Malta.
Indubbiamente le cortine e le torri di Aureliano, ancora in piedi alla fine del medioevo, debbono aver svolto questa importante funzione appunto per essere questo uno dei pochi
tratti del recinto di Aureliano rimasti in un'area urbanizzata. E così, mentre dalle altre parti, le mura imperiali, troppo distaccate dal contesto cittadino per un progressivo restringersi di questo, non potevamo svolgere una funzione partigiana, in questa vennero direttamente coinvolte dalle vicende cittadine, al punto da scomparire del tutto, fagogitate dal susseguirsi incalzante degli eventi. L'impostazione attuale del rione venne suggerita dalle necessità urbanistiche esistenti nella prima metà del Cinquecento. Con la decadenza del meridione, infatti, l'insicurezza delle coste dovuta all'espandersi dell'influenza turca e bar- baricina, la malaria che rendeva impraticabili intere, vaste zone, il volume dei traffici proveniva prevalentemente dal settentrione. Arteria base lungo la quale scorreva, era la Cassia. L'Aurelia infatti attraversava una di quelle lande malariche ed al tempo stesso era troppo vicina alla costa, la Flaminia aveva soprattutto importanza a livello locale, data la frequente impossibilità di attraversare il Tevere ad Orte e nelle stesse immediate vicinanze di Roma. Di qui l'importanza della porta del Popolo, autentico cardine dei pur scarsi traffici dell'Urbe. Inoltre, anche se dotati di rudimentali strutture, esistevano degli scali fluviali in corrispondenza delle scomparse posterule tiberine, a cui affluivano i prodotti dell'entroterra. Fiume quindi e porta Flaminia o del Popolo, questi i punti strategici delle comunicazioni verso l'esterno non solo del Campo Mar
zio, ma di Roma stessa. All'interno l'asse principale della via Flaminia, o Lata, in diretto contatto Campidoglio-porta del Popolo, condizionerà la situazione economica e il costume dell'intera città. Da qui la vitale importanza del Campo Marzio e di conseguenza l'assetto urbanistico che lo caratterizza. Tornati d'Avignone i papi dedicheranno tutta la loro attenzione alla loro sicurezza, spostando la sede dal Laterano al Vaticano, non tanto per star vicino alla tomba dell'apostolo, quanto per la sicurezza derivante dal Castello. Superata questa fase, si passò alla sistemazione del Campo, in vista appunto dell'importanza di questo.
Collegare questa zona con il Vaticano era divenuta esigenza pressante, da qui il ripristino nel 1518, d'una più antica via romana, che in un atto del x secolo, era detta della Pila o della Pigna. Tale toponimo, secondo il Corvisieri, stava a significare l'argine del fiume. Sempre secondo quest'autore, questo antico tracciato avrebbe collegato il mausoleo d'Augusto con le terme Alessandrine più o meno ubicabili nei pressi di S. Luigi dei Francesi. Questo tracciato, nella sua nuova veste cinquecentesca era divenuto una sorta di lungotevere ante litteram e siccome il suo promotore era Leone x, as-
sunse l'iniziale nome di via Leonina, ma tanto Piazza del Popi per farci capire subito dal lettore, ci affrettia- Philippe Benoii mo a precisare che la fama di questa strada sarà legata al suo nome successivo, quello di via Ripetta. Quest'ultima collegava la porta del Popolo con la zona d'influenza Orsina ed in particolare col palazzo di quell'Orsini, arcivescovo di Nicosia ov'era la succitata posterula, o meglio lo scalo fluviale connesso, e proseguendo per Monte Brianzo-Coronari si collegava con l'antichissima via Papalis all'altezza di Panico.
La via Leonina-Ripetta risale quindi al periodo 1513-1521 in cui pontificò Leone x, Medici, il quale con ciò otteneva anche il non spregevole risultato di collegare casa sua, con un punto importante come la porta del Popolo. Infatti oltreché allacciarsi con la via Papalis, come detto, Leone x aveva aitato anche il prolungamento della Scrofa che lo portava diritto a quel palazzo che prima d'essere intestato a Margherita d'Austria, figlia naturale del cattolicissimo Carlo v, apparteneva appunto a casa Medici, avendolo fatto costruire su vecchi rimasugli dei Crescenzi, Cosimo il Vecchio. L'apertura di questa strada, la conseguente valorizzazione della zona, determinarono uno sviluppo urbanistico che, riguardando prevlentemente
dei "fiumaroli", non poteva non avere un carattere popolare. I nobili, almeno nella fase iniziale, non s'interessarono alle nuove prospettive offerte dallo sviluppo urbanistico, restando affezionati alle vecchie zone. Il terzo asse, che completerà la famosa "zampa d'oca" di Campo Marzio, verrà aperta da Clemente vii (1523-1534) con la via del Babuino che seguiva in pratica la base delle alture. Questa imponente trama viaria aveva il non piccolo merito di unire quelle necessità pratiche a cui abbiamo fatto ampio cenno, a quelle estetiche, esigenza questa sempre vivamente sentita dagli urbanisti di un tempo. Inevitabile che i tre cardi massimi, Babuino, Lata-Corso e Ripetta venissero a comunicare fra loro in un reticolo secondario di strade. Quest'onere gravò soprattutto sul pontificato di Paolo iii, Farnese, i cui urbanisti non lasciarano che le case sorgessero tumultuosamente a seconda del capriccio o delle specifiche necessità, bensì secondo un rigido piano regolatore, impostato su una base pressoché Ippodamea, a reticolo ortogonale cioè. La più importante di queste traverse, fu quella della Trinità, che con un unico rettifilo univa il "monte" Pincio col porto della Poste- rula, solo in seguito di Ripetta. I nostri, cardi Babuino-Corso e Leonina-Ripetta ne risultavano direttamente allacciati.

L'addensarsi della popolazione pose grossi problemi igienici. La gente allora beveva l'acqua del Tevere, ovvero quella di certi pozzi scavati nei cortili. Lo spurgo dei rifiuti, direttamente o meno scaricati nel fiume, forse avveniva anche tramite pozzi neri, come lascerebbe supporre il Blasi a proposito della via del Bottino.
Da qui la necessità, onde arginare l'enorme quantità di casi epidemici, di ripristinare almeno uno degli acquedotti di Marco Vipsanio Agrippa. Nonostante la scarsità della pressione esercitata, la scelta cadde sull'acqua Vergine. Il passaggio delle condutture di questa, mutò le abitudini degli abitanti ed al tempo stesso la toponomastica dell'antica via Trinita- tis, il cui primo tratto divenne via Condotti. Ma il secolo non aveva ancora esaurito le sue spinte innovative. Nel 1574, infatti, papa Gregorio xiii costruiva la nuova sede pontificia sul Quirinale, ed una diecina d'anni più tardi, Sisto v concludeva, in modo particolarmente degno, questo secolo di grandi progetti e rivelanti realizzazioni, tracciando quella che dal suo nome Felice Peretti, verrà denominata la via Felice.
Quest'asse esattamente diritto, nonostante il superamento di non pochi dislivelli altimetrici e difficoltà di vario tipo, unendo fra loro vecchi tracciati, collegherà il monte Pincio nien- 96 temeno che con il Laterano, passando per la
basilica di S. Maria Maggiore. In sostanza questa via si univa al Tridente o Zampa d'oca del Campo, appoggiandosi all'asse pedemontano del tridente stesso, attraverso un ripido viale alberato prima, e con la monumentale scalinata della Trinità de' Monti poi raggiungendo il suo punto più elevato sul Quirinale, non solo collegherà la nuova residenza pontificia con la parte settentrionale della città, ma altresì consentirà la creazione di quell'enorme bastione prospettico del quadrivio delle Quattro Fontane.

L'assetto del rione alla sua nascita nel 1744 è ben chiaro nella relazione del conte Bernardino Bernardini:
"Il circuito del rione di Campo Marzio, incomincia dal muro contiguo a porta Pinciana, dove è affissa la lapida. Segue a man destra per le mura della città fino a porta del Popolo, e poi fino alla Ripa del Tevere, da cui giunge al porto di Ripetta. Passa dietro la chiesa di S. Gregorio de' Muratori, e dietro al collegio dementino: e perviene fino alla strada, per cui da S. Lucia della Tinta si scende al fiume. Qui per linea retta, penetra nel vicolo a fianco della chiesa di S. Lucia suddetta. Volta poi su la man sinistra, e passa di lungo innanzi a S. Antonio de' Portoghesi, donde (traversata via della Scrofa), entra nella strada che direttamente guida a S. Maria delle Monache di Campo Marzio. Passa innanzi alla chiesa, e gira intorno alla sua tribuna. Rivolgendo sulla man sinistra, prosegue il suo cammino accanto le mura del monastero e va per linea retta alla
piazza di S. Lorenzo in Lucina. Quindi (traversato il Corso), si stende per la strada Frattina. Penetra in piazza di Spagna, e passa in faccia al portone di Propaganda. Volta sulla man destra, e per la via Paolina, giunge a pie' della salita di S. Giuseppe a Capo le Case. Ascende a questa chiesa, che lascia sulla man destra, rivolge alla sinistra, e per la strada che conduceva a porta Pinciana, giunge al muro contiguo alla porta, dove all'affissa lapida compie il suo giro".
mutamenti più radicali si ebbero più per le esigenze comportate dalla necessità di por fine alle periodiche inondazioni del Tevere, che per altro. Per questo, come avremo modo di riassumere nell'inserto del "rione scomparso", il piano regolatore attuato dopo il 1876, comportò la radicale trasformazione del Campo, dalla chiesa di S. Lucia della Tinta, fino all'attuale via Luisa di Savoia.
Quanto rimasto delle vecchie case e dell'assetto viario è per buona parte in trincea, abbassato cioè, rispetto all'argine ed al lungotevere che vi passa sopra. Si distrusse il collegio dementino, la chiesa di S. Gregorio della confraternita dei Muratori, l'inerto porto di Ripetta e relativa dogana, nonché gli scali e i depositi della legna.
In tempi più recenti, assecondando una retorica su una malintesa "romanità", si ebbe l'isolamento dell'Augusteo col sacrificio del tessuto urbano esistente fra via della Frezza, via Toma- celli e tribuna della chiesa di S. Carlo.
rione non ha subito modifiche sostanziali basilica di S. Maria Maggiore. In sostanza questa via si univa al Tridente o Zampa d'oca del Campo, appoggiandosi all'asse pedemontano del tridente stesso, attraverso un ripido viale alberato prima, e con la monumentale scalinata della Trinità de' Monti poi raggiungendo il suo punto più elevato sul Quirinale, non solo collegherà la nuova residenza pontificia con la parte settentrionale della città, ma altresì consentirà la creazione di quell'enorme bastione prospettico del quadrivio delle Quattro Fontane.
L'assetto del rione alla sua nascita nel 1744 è ben chiaro nella relazione del conte Bernardino Bernardini:
"Il circuito del rione di Campo Marzio, incomincia dal muro contiguo a porta Pinciana, dove è affissa la lapida. Segue a man destra per le mura della città fino a porta del Popolo, e poi fino alla Ripa del Tevere, da cui giunge al porto di Ripetta. Passa dietro la chiesa di S. Gregorio de' Muratori, e dietro al collegio dementino: e perviene fino alla strada, per cui da S. Lucia della Tinta si scende al fiume. Qui per linea retta, penetra nel vicolo a fianco della chiesa di S. Lucia suddetta. Volta poi su la man sinistra, e passa di lungo innanzi a S. Antonio de' Portoghesi, donde (traversata via della Scrofa), entra nella strada che direttamente guida a S. Maria delle Monache di Campo Marzio. Passa innanzi alla chiesa, e gira intorno alla sua tribuna. Rivolgendo sulla man sinistra, prosegue il suo cammino accanto le mura del monastero e va per linea retta alla piazza di S. Lorenzo in Lucina. Quindi (traversato il Corso), si stende per la strada Frattina. Penetra in piazza di Spagna, e passa in faccia al portone di Propaganda. Volta sulla man destra, e per la via Paolina, giunge a pie' della salita di S. Giuseppe a Capo le Case. Ascende a questa chiesa, che lascia sulla man destra, rivolge alla sinistra, e per la strada che conduceva a porta Pinciana, giunge al muro contiguo alla porta, dove all'affissa lapida compie il suo giro".
mutamenti più radicali si ebbero più per le esigenze comportate dalla necessità di por fine alle periodiche inondazioni del Tevere, che per altro. Per questo, come avremo modo di riassumere nell'inserto del "rione scomparso", il piano regolatore attuato dopo il 1876, comportò la radicale trasformazione del Campo, dalla chiesa di S. Lucia della Tinta, fino all'attuale via Luisa di Savoia.
Quanto rimasto delle vecchie case e dell'assetto viario è per buona parte in trincea, abbassato cioè, rispetto all'argine ed al lungotevere che vi passa sopra. Si distrusse il collegio dementino, la chiesa di S. Gregorio della confraternita dei Muratori, l'inerto porto di Ripetta e relativa dogana, nonché gli scali e i depositi della legna.
In tempi più recenti, assecondando una retorica su una malintesa "romanità", si ebbe l'isolamento dell'Augusteo col sacrificio del tessuto urbano esistente fra via della Frezza, via Toma- celli e tribuna della chiesa di S. Carlo.
rione non ha subito modifiche sostanziali come superficie. Questa al momento risulta di ettari 88, 17, con un perimetro di 4,700 Km, ed al 1970 annoverava 8161 residenti. Sull'origine dello stemma più che vaghe ipotesi non è lecito avanzare, ci limiteremo pertanto a dire che è composto da una mezza-luna d'argento in campo azzurro. I confini attuali non sono praticamente mutati da quelli stabiliti nel 1744, comunque ad ogni buon conto ripercorriamo il perimetro: piazza S. Lorenzo in Lucina-via di Campo Marzio-via Uffici del Vicario-piazza in Campo Marzio-via della Stelletta-via dei Portoghesi-via dell'Orso-via del Cancello-prosecuzione in linea retta da quest'ultima fino al Tevere-lungotevere Marzio-lungotevere in Augusta-via Luisa di Savoia-mura aureliane fino a porta Pinciana- via di Porta Pinciana-via Francesco Crispi-via Capo le Case-via Due Macelli-piazza di Spagna-via Frattina-piazza S. Lorenzo in Lucina.

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