III Colonna - ROMACITTAETERNA

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Roma Medievale > I Rioni

RIONE III    COLONNA
Origine Araldica
Alza per insegna nella Bandiera una Colonna istoriata in Campo Rosso. Il Rione prende il  nome dalla Colonna di Marco Aurelio comunemente detta di Antonino Pio.




Dalle origini ad oggi

È fortemente probabile che questo famoso ed antico rione derivi il proprio nome dalla presenza della celebre colonna di Marco Aurelio che si erge maestosa al centro della grande piazza Colonna.

La «Colonna» fu fatta innalzare dal senato romano dopo la morte dell'imperatore per ricordare nel lungo fregio continuo che, come un nastro, si avvolge attorno al fusto marmoreo, le vittorie da lui riportate sui Sarmati e i Marcomanni.

Questa columna centenaria divorum Marci et Faustinae, che dovette essere sicuramente ultimata nel 193 d.C. e che è ora sormontata dalla statua dell'apostolo S. Paolo collocatavi da Domenico Fontana per volere di Sisto V, era nota nel medioevo come columna Antonini, da cui l'errore riportato nelle iscrizioni fatte incidere sulla base dal pontefice nelle quali è appunto ricordata come colonna dedicata all'imperatore Antonino Pio. E questa parte di Roma si chiamò appunto «Colonna» ancor prima del secolo XII, età in cui, sorto il Comune, fu scelta per essere simbolo del rione III: argentea colonna in campo rosso. Il rione si presenta diviso in due settori: uno pianeggiante (ad eccezione della modesta altura di Montecitorio) attraversato dall'odierna via del Corso, percorso urbano dell'antica via Flaminia e un secondo settore che sale verso le pendici del Pincio (via di Porta Pinciana e via Francesco Crispi) da un lato e fino alla valle Sallustiana (via del Tritone), dall'altro. Nel medioevo il tratto fra S. Marco e piazza Sciarra si chiamò via Lata, mentre via Flaminia fu il tratto fra questa piazza e piazza del Popolo. Il nome di «Corso» venne dato a questa strada, nel tratto compreso fra la via della Vite e il Palazzo di S. Marco, allorquando papa Paolo II, nel 1466, fece trasferire qui le corse e i divertimenti carnevaleschi che prima avevano luogo al Campidoglio, a piazza Navo-na e al Testaccio. Il toponimo di «Corso» si estese poi ben presto a tutta la strada e ad esso si aggiunge quello di «Umberto I» il giorno successivo all'uccisione del re avvenuta il 30 luglio 1900.



Il primo settore del rione che, come abbiamo visto inizia da piazza Sciarra e che comprendeva una parte molto importante nell'antichità, iniziava con un arco monumentale con cui era stato trasformato dall'imperatore Claudio un fornice dell'acquedotto che portava acqua alle terme e allo stagno di Agrippa. A poca distanza da questo arco se ne innalzava un secondo che serviva a sottolineare l'ingresso all'area porticata, con colonne in marmo giallo di Nu-midia, costruita attorno al tempio del divo Adriano di cui ammiriamo ancora oggi l'elegante colonnato laterale sinistro, inglobato nel Palazzo della Borsa, in piazza di Pietra. Una seconda area porticata, situata a breve distanza dalla prima, aveva al centro la famosa Colonna di Marco Aurelio e, sempre in onore di questo imperatore divinizzato, era stato innalzato dal figlio Commodo su un lato della piazza, un tempio (ora vi è impostato il Palazzo Wedekind, noto ai romani come il palazzo de «Il Tempo»).

In corrispondenza di questi monumenti, ma dall'altra parte della via del Corso, alle pendici del Collis Hortulorum era situato l'acquedotto in travertino che portava l'acqua Vergine, fatto costruire da Agrippa nel 19 a.C. e restaurato da Claudio nel 45-46 d.C. che era stato danneggiato dalla costruzione dell'anfiteatro: era stato iniziato da Caligola (Arcus disturbati per C. Caesarem) e rimasto peraltro incompiuto. Lungo la valle Sallustiana (corrispondente alla via del Tritone) scendeva anche l'acqua Sallustiana che fu convogliata da Agrippa neM'euripus (cioè nella conduttura) bonificando così la Palus Caprae. Su questo lato del rione sono stati rinvenuti resti di strade lastricate e numerose strutture forse appartenenti ad un'area di abitazioni a più piani, in mattoni, con botteghe a pianterreno e che possono essere datate al lini secolo d.C.



Nei pressi erano poi situate le porticus Vipsa-nia e Polla dedicate rispettivamente al genero di Augusto, Vipsanio Agrippa e alla sorella di lui Vipsania Polla.

In queste porticus era stato fatto dipingere da Agrippa il famoso Orbis Pictus, cioè la pianta del mondo allora conosciuto dai romani. Tra l'attuale piazza di S. Silvestro, via Frattina e la via del Corso era quindi collocato il Tempio del Sole, che fu fatto costruire dall'imperatore Aureliano nel 273 d.C. al suo ritorno dalla spedizione contro la città di Palmira, dedicato al culto dell'astro che ormai si identificava pienamente con quello dell'imperatore stesso.

L'architettura dell'intero complesso ci è nota da un disegno del Palladio e consisteva in un doppio recinto rettangolare: quello più interno racchiudeva un tempio circolare con l'ambulacro sostenuto da sedici colonne di porfido, pietra simbolicamente collegata al sole stesso. AI termine del rione, in questo primo settore, all'incrocio della via Frattina con la via del Corso era situato un terzo arco che nel medioevo fu detto Arco di Portogallo e che fu demolito nel 1662. Questo arco, forse costruito nel II secolo d.C. e restaurato in età tarda, era decorato da quattro colonne di marmo verde e da rilievi dell'età di Adriano (due sono ora collocati ad ornare lo scalone del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio). Sull'altro lato della via del Corso (a sinistra venendo da piazza Venezia) era Yustrinum (cioè il luogo dove venivano cremati) della famiglia imperiale degli Antonini mentre in corrispondenza della via degli Uffici del Vicario e immediatamente a nord di esso era situata la «Colonna» di Antonino Pio dal fusto di granito liscio e collocata su di un basamento ornato su di un lato dalla rappresentazione dell'apoteosi dell'imperatore Antonino Pio e della moglie Faustina Maggiore assistiti dalla dea Roma e dalla personificazione del Campo Marzio e sugli altri due lati (uno opposto all'altro) dalla decursio equitum, cioè dalla raffigurazione della «giostra» rituale degli equites singulares e dei pretoriani a piedi tenutasi probabilmente, secondo la tradizione, in occasione dell'apoteosi dell'imperatore. Sul quarto lato, opposto alla scena dell'apoteosi, è infine l'iscrizione dedicatoria.


Questo basamento è ora esposto nel cortile delle Corazze nei musei Vaticani. La colonna, invece, voluta da Marco Aurelio e Lucio Vero, fu rinvenuta nell'orto dei padri della Missione nel 1703 e fu utilizzata per restaurare l'obelisco di Augusto. La sommità, che reca la firma dell'architetto Eraclide e la data del 106 d.C. ad indicare l'anno in cui fu cavata, è ora custodita in Vaticano.

Immediatamente a nord dell'attuale Piazza del Parlamento era invece collocato il grande Orologio Solare in cui l'obelisco di Psammetico II (inizi del III secolo a.C.) fu fatto portare da Heliopolis a Roma da Augusto nel 10 a.C. perché servisse da gnomone. L'obelisco poi, restaurato con il granito della colonna antonina, caduto a terra a causa di un incendio, fu ritrovato nel 1748 e collocato al centro della piazza di Montecitorio dove lo vediamo svettare ancora oggi. Fu papa Pio VI che nel 1792 lo fece innalzare di nuovo e fu allora erroneamente attribuito al faraone Sesostri. Qui (sotto il Palazzo di Montecitorio) era anche l'ustrinum di Marco Aurelio, un'area lastricata e recintata da transenne sostenute da pilastrini di travertino. Al centro era situato un grande basamento di metri 10,50 di lato. Un ultimo grande edificio che si trovava in età antica in questo settore del rione Colonna era la famosa Ara Pacis Augu-stae, il grande altare che fu votato dal senato romano il 4 luglio del 13 a.C. per celebrare la pacificazione di Roma e dell'impero e dedicato il 30 gennaio del 9 a.C. Questo grande altare, circondato da un recinto di forma quasi quadrata (m 10,62 x 11,63), era ornato, nella parte superiore esterna, della raffigurazione della famiglia imperiale, in corteo cerimoniale, a ricordo del corteo che ogni anno con sacerdoti, magistrati, vestali andava all'altare per il solenne sacrificio. Fu rinvenuto, a più riprese, nel 1568 sotto il Palazzo Fiano Al-magià ed infine scavato nel 1937-38 da Giuseppe Moretti, allorquando furono recuperate tutte le parti asportabili e ricomposto nel 1938 all'interno di un padiglione presso il mausoleo di Augusto tra la via di Ripetta e il lungotevere in Augusta dove si può tuttora ammirare. Nello stesso settore si trovava, in età romana, anche l'A ra Pietatis che completava simbolicamente i valori di riferimento politico culturale dell'Ara Pacis. L'altro settore del rione, alle pendici del Collis Hortulorum, attraversato dal tratto urbano della Salaria Vetus detta vicus Minervii, era invece occupato da tombe di illustri personaggi, come quella scoperta nel 1616 all'angolo tra la via di Porta Pinciana e la via Sistina, appartenente ad Octavia, figlia di M. Appius, e dal complesso dei grandi Horti Luculliani, la villa che il famoso L. Licinio Lucullo, generale e uomo politico si era fatto costruire su una vasta area (tra via Due Macelli, via Capo Le Case e via di Porta Pinciana). Questo complesso, innalzato con le ricchezze accumulate durante la guerra contro Mitridate e la guerra sociale, fu abitato successivamente da Valerio Asiatico e da Messalina.

Durante il medioevo la zona centrale del rione III che si raccoglieva attorno alla via del Corso, continuò ad essere abitata anche se non intensamente.

Modesti edifici erano stati costruiti lungo la via Flaminia, mentre numerose torri furono innalzate. Una di queste, che si trovava poco lontano dalla torre Tosetti, è stata recentemente rinvenuta durante i lavori di restauro di Palazzo Sciarra ed apparteneva ai Colonna di Pale-strina.

La denominazione che ancora oggi è rimasta a «Capo le Case» (ad capita domorum) all'altura che sovrasta l'abitato a nord attesta appunto uno dei limiti dell'abitato intorno alla via del Corso. L'area, come si è detto, non dovette essere molto costruita se pensiamo ad alcune enominazioni come quella di S. Silvestro in Capite che si chiamava inter duas lauros o quella di S. Andrea delle Fratte dal nome delle siepi che recingevano gli orti che qui si trovavano o la piazza di Monte d'Oro che prima di chiamarsi così, dall'insegna di un'osteria che qui si era impiantata alla metà del XVI secolo, si chiamava «ortaccio». Durante il pontificato di Giulio III (1550-1555) si stanziarono alcune colonie di Schiavoni, di Maroniti, d'Avignonesi, di Lombardi che lasciarono il proprio nome ad alcune località. Sorsero anche numerose le chiese, molte delle quali oggi non più esistenti come la chiesa di S. Andrea de Columna, situata ai piedi della «Colonna» di Marco Aurelio e demolita durante il pontificato di Paolo III per rettificare la via Flaminia, o la chiesetta di S. Giovanni in Capite, i cui resti si ritrovarono nel 1879 all'angolo tra la via del Tritone e la via Due Macelli, o quella di S. Francesca Romana entrambe demolite durante i lavori che interessarono l'ampliamento della strada. Nella vicina piazza di Pietra era invece la chiesa dedicata a S. Stefano del Trullo mentre la chiesa di S. Lucia de Columna si trovava sul lato destro del Corso e, ricostruita nel Cinquecento, fu dedicata a S. Maddalena delle Convertite.





Oggi ancora esistente è invece l'antica chiesa di S. Silvestro in Capite annessa al grande monastero omonimo e costruita sulle rovine del Tempio del Sole.
Un'altra chiesa di notevole interesse storico è quella dedicata a S. Lorenzo in Lucina, costruita nel IV-V secolo d.C., anch'essa su preesistenze antiche, accanto alla quale, nel 1260, venne costruito il Palazzo dei cardinali titolari della chiesa. Numerosi furono i conventi e le arciconfraternite che spesso vennero ospitati in queste chiese e numerosi furono anche i palazzi e le ville che qui furono costruiti come i famosi orti del monsignor Angelo Colocci nei pressi della via del Nazareno, il Palazzo Maurelli-Tonti in cui oggi è il Collegio Nazareno, il Palazzo Ferratini che si affacciava sulla piazza di Spagna, il Palazzo Sforza e il Palazzo Grimani, che dette il nome alla piazza sulla quale affacciava: piazza Grimana, oggi Barberini. Un incremento all'attività edilizia nel rione si ebbe anche durante il pontificato degli ultimi papi del Cinquecento, Gregorio xm e Sisto v i quali, oltre a proseguire l'impostazione del tracciato stradale della zona del centro romano, che raccordava le porte urbiche, le basiliche e i punti fondamentali della città, gettarono le basi per il futuro impianto urbanistico. Vengono quindi costruiti altri importanti palazzi: Ferraioli sul medievale palazzo Bufalo dei Cancellieri con torre angolare, Verospi, Sciarra, Aldobrandini, Peretti e Giustiniani. Vengono successivamente restaurati il palazzo Raggi, il palazzo Aldobrandini-Chigi, il palazzo Spada Piombino, il palazzo Cerasoli e più avanti furono ancora edificati importanti edifici come i palazzi Bernini, Olgiati, De Angelis, Pe-rucchi accanto alle più modeste abitazioni di artisti che prediligevano soprattutto la zona più alta del rione alla periferia della città. La piazza Colonna venne migliorata prima con la costruzione della grande fontana dalla vasca in marmo di Chio, detto di «portasanta» (perché di tale marmo sono gli stipiti della Porta Santa della chiesa di S. Pietro) e poi dopo il 1659 con la distruzione di un ultimo nucleo di casette ancora rimasto che ne rese possibile l'ampliamento.
Papa Gregorio xvi (1831-1846) concluse infine l'opera di abbellimento della piazza facendo costruire, come scenario maestoso, il Palazzo delle Poste (Wedekind) con il portico ornato da sedici eleganti colonne in marmo bianco con capitelli in stile ionico fatte venire da Veio. È curioso ricordare anche che la piazza aveva in precedenza ospitato l'impianto di un ricovero per i pazzi sorto nel 1548 per volontà di tre spagnoli e che fu il gesuita Lainez ad utilizzare per tale scopo il lascito di una nobildonna romana. Questo ospizio, che nel 1635 ebbe dal cardinale Barberini, nipote di Urbano vili, il primo regolamento, entrò sotto la giurisdizione pontificia e rimase qui per quasi due secoli finché, nel 1726, Benedetto XIII lo fece trasferire in appositi locali alla Lungara. L'opera dei pontefici si concluse in questo rione con la costruzione del palazzo della Cassa di risparmio che fu iniziato nel 1867. Il nuovo piano regolatore di Roma capitale d'Italia, del 1873, cercò infine di risolvere, tra le altre cose, il problema dell'allargamento della via del Corso nel tratto che percorre il nostro rione e dal 1880 al 1915 fu tutto un susseguirsi di interventi, che vanno dal tracciato della via del Tritone alla sistemazione del sistema viario adiacente, alla costruzione del nuovo grande magazzino Bocconi (poi chiamato da D'Annunzio «La Rinascente»), alla costruzione del Palazzo Theodoli e del Palazzo Marignoli, all'allargamento di piazza S. Silvestro. Sul lato destro del Corso, di fronte alla piazza Colonna, centro importante della vita cittadina, il Comune, nel 1889, fece demolire il Palazzo Piombino per portervi edificare il grande Palazzo della Galleria per la Banca italiana di sconto che fu ultimato nel 1914 ed infine nel 1915, con la demolizione del Palazzo Lanci--Bonaccorsi e con la costruzione del nuovo palazzo, sede della Banca commerciale italiana, viene sistemato anche l'allineamento su questo lato della strada.

La Galleria rispondeva, tra l'altro, alla funzione di luogo di passeggio coperto, punto di incontri e commerciale della nuova borghesia romana di recente immigrazione la cui vita pubblica era scandita dalle chiacchiere al caffé, dagli acquisti, dal passeggiare familiare, dagli appuntamenti d'affari e politici.


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