I Monti - ROMACITTAETERNA

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Rione I Monti
Origine Araldica
Il geroglifico della Bandiera di questo Rione consiste in tre monti in campo bianco.
E denominato de' Monti; si perchè racchiude i tre monti, Esquilino, Viminale, e parte del Quirinale e del Celio. E' il più antico di Roma e vi si trovano testimonianze dell' epoca romana, medievale , rinascimentale, barocca, una successione di stili che copre 2500 anni di storia.



Dalle origini ad oggi


Il primo dei rioni di Roma è Monti così chiamato perché comprendeva una volta il colle Esquilino, il Viminale, parte del Quirinale e del Celio. Oggi l'Esquilino, il Castro Pretorio e parte del Celio non gli appartengono più anche se l'ultima delle modifiche territoriali risale a interventi eseguiti fra il 1924 e il 1943. Attualmente occupa una superficie di 1650 mq. Piena di antico fascino è la descrizione dei confini del rione fatta dal Bernardini nel 1744: «A Ma- cel de' Corvi dal macellaro per voltare a S. Lorenzolo, alla Madonna di Loreto, mezzo palazzo Bonelli, piazza Ss. Apostoli fino al convento, Arco Molara, S. Silvestro, Monte Cavallo, mano dritta fino alla fontana di Termine, volta a porta S. Lorenzo, a porta Maggiore fino a S. Giovanni in Laterano, strada dritta verso il Colosseo, mezzo Colosseo, campo Vaccino fino alla salita di Marforio, volta il vicolo e torna al suddetto macellaro». Il rione sviluppava un circuito di 4931 canne come si diceva allora e poiché una canna è pari a metri 3,735 il lettore può divertirsi a fare il conteggio. I confini attuali del rione Monti vanno da porta di S. Giovanni alla contigua piazza di S. Giovanni in Laterano e quindi via Merulana, piazza di S. Maria Maggiore, piazza Esquilino, via Depretis, via delle Quattro Fontane, via del Quirinale, piazza del Quirinale, via XXIV Maggio, via IV Novembre, via Magnanapoli, foro Traiano, via dei Fori Imperiali, via Nicola Salvi, via di S. Giovanni in Laterano, via di S. Stefano Rotondo, via della Navicella, via della Ferratella, via dei Laterani, via Amba Aradam e infine piazza di S. Giovanni in Laterano.
Il nome del rione era anche Montium et Biberatice dal nome dell'antica via che correva all'interno dei resti dei Mercati di Traiano il cui nome è però di età medievale. Come tutti gli altri rioni anche Monti ha il suo stemma che è «d'argento ai tre monti di tre cime di verde», in altre parole tre cime arrotondate di monti sono presenti tre volte all'interno dello stemma.


II capo del rione (caporione) di Monti rivestiva per diritto e tradizione la carica di priore che gli garantiva la partecipazione al governo di Roma unitamente ai tre conservatori della città. Addirittura i monticiani parlavano un dialetto romano alquanto differente da quello degli altri rioni, fatto questo che rinforzava il senso di identità e di distinzione degli stessi monticiani.
Ma come Remo fu avversario di Romolo, così anche i monticiani ebbero nei trasteverini i loro fieri fratelli rivali. Trastevere infatti costituiva il più vasto rione al di là del fiume sulla riva destra separato pertanto, ad eccezione di Borgo, dal resto dei rioni cittadini. Così i trasteverini finivano per avere anch'essi, grazie alla separazione operata dal fiume, una propria e particolare identità che riportava a rifiutare d'istinto e di cuore la preminenza dei monticiani. Questa rivalità non si esauriva in una serie di rivendicazioni formali, bensì dava luogo, si ritiene fin dagli inizi del xiv secolo, a periodici scontri cruenti tra i monticiani, appunto, e i trasteverini. Il luogo privilegiato per queste battaglie di primogenitura era il Campo Vaccino ovvero l'area oggi corrispondente all'attua-
le Foro Romano ad un livello superiore. Lo scontro veniva detto «partita a rocci» dove i trasteverini e i monticiani si affrontavano investendosi con una fitta sassaiola e ricorrendo spesso all'uso del coltello rifilandosi «puncicate a l'ingrese» (cioè coltellate date a modo).

Ancora oggi, per fortuna tramontata da tempo la violenta dimostrazione dell'orgoglio rionale, non è raro, conversando con qualche vecchio romano di Monti o di Trastevere, sentirlo proclamare fieramente la propria appartenenza al rione che è segno di nascita più distintivo di quello di essere nati a Roma. Molti amano questo rione perché ha in gran parte conservato non solo luoghi e angoli della sua storia, nonostante alcuni recenti e violenti interventi urbanistici ma anche e soprattutto perché continua ad essere abitato e vissuto da una fascia di romani i quali conservano nel linguaggio, nelle abitudini, nei modi e nei mestieri i valori di una Roma ancora cittadina.
L'artigiano con la bottega in un apparente disordine e geloso dei suoi attrezzi di cui vuole ignorare l'ormai alto valore antiquario, il cartellino sulla porta chiusa a chiave di un negozio con su scritto: «torno subito»; l'osteria con i tavoli di marmo e le vedute di Roma dipinte alle pareti con infantile ingenuità, i canestri di vimini che vanno su e giù dalle finestre alla strada appesi ad una corda per evitare alle donne di scendere le scale di tante case senza ascensore e di farsi comunque servire a domicilio, i ragazzi in tuta da meccanici che mangiano un pezzo di pizza facendo venire l'acquolina in bocca al passante, le porte aperte delle chiese nel cui interno sta una vecchina con il rosario e tante candele accese davanti all'immagine della Madonna, i gatti tigrati, bianchi e neri o neri del tutto, padroni dei cofani e dei tetti delle automobili e indifferenti ai richiami di chi li vorrebbe destare dal sonno. Un rione che spesso profuma di peperoni arrostiti e di abbacchi al forno e le cui vie e i vicoli rivestiti di sampietrini non hanno marciapiedi e offrono al passante il solo riparo dei pa

Un rione perciò caratteristico ma non folcloridove oggi qualche intellettuale, qualche divo ha intuito che è bello da vivere e vi è andaad abitare, occupando gli ultimi piani le cui terrazze permettono di vedere profili irregolari di tetti, cupole e campanili e, per i più fortunai lontani Monti Albani. Insomma nonostante i tagli di via Labicana, via Nazionale o via dei Serpenti il rione Monti resiste ancora fedele alla propria immagine più tradizionale.
In fondo l'area più significativa del rione Moncorrisponde all'antica Subura romana oggi Suburra e cioè alla parte più autentica e popodi Roma antica, una specie di casbah dove si sentiva a proprio agio solo colui che c'era nae dove erano esplicite tutte le contraddizioni sociali e umane della capitale dell'impero. NelSubura vivevano in grandi insulae ovpalazzi a più appartamenti in affitto, infamiglie plebee che accendevano di chiasso e di colori vie, finestre, balconi e cortili.
Nella Subura si trovavano i lupanari più malfamati, le bettole e le locande più insicure. Nella Subura giravano salmodiando i sacerdoti dei culti orientali che andavano in cerca di proseliti.
Nella Subura si recava Nerone travestito per sentire dalla viva voce del popolo cosa si pensasse di lui e sempre nella Subura Messalina, in incognito, andava a cercare ore di orgiastico piacere.
Lo stesso Giulio Cesare era nato nella Subura e forse anche per questo si schierò con i democratici e la plebe.
Così Giuseppe Gioacchino Belli, altro grande romano, descrive l'urion de' Monti:




In verità il rione Monti è ricco di grandi e importanti testimonianze archeologiche a cominciare dal Ludus Magnus, la palestra dei gladiatori prossima all'anfiteatro Flavio per poi proseguire alla Domus Aurea, la dimora sfarzosa e grandiosa ideata da Rubirio per Nerone e quindi le terme di Traiano uno dei più grandi impianti termali dell'antichità, le nove cisterne delle Sette Sale, parte dei Fori degli imperatori Augusto e Nerva, Traiano con i suoi Mercati e tratti delle mura Serviane, di quelle Aureliane con la porta Asinaria e ancora le terme di Tito, resti dell'acquedotto Claudio e i resti dei palazzi dei Laterani. Importanti poi le memorie medievali del rione Monti come il triclinio Leoniano, il battistero Lateranense, S. Stefano Rotondo, la torre dei Conti, la casa dei Cavalieri di Rodi, S. Prassede, le torri dei Capocci ai quali si debbono aggiungere importanti complessi monumentali dalla ricchissima stratificazione storica come la basilica di S. Giovanni in Laterano, la chiesa di S. Clemente e quella di S. Martino ai Monti, la basilica di S. Maria Maggiore o il palazzo del Grillo. Nel rione Monti stanno alcuni capolavori del barocco romano come le chiese di S. Andrea al Quirinale e di S. Carlino alle Quattro Fontane. Il rione Monti è segnato prima che dalla speculazione edilizia di fine Ottocento e dagli sventramenti e ricostruzioni degli Ottocento e dagli sventramenti e ricostruzioni degli anni fascisti, dai progetti viarii in gran parte realizzati da papa Sisto v, "er papa tosto" che nel rione piantò tre dei suoi obelischi che lui, affetto da obeli- scomania, andava rinvenendo e ricollocando per Roma.
Se in età romana antica il rione Monti fu intensamente popolato altrettanto non fu quando nel medioevo, venuta a mancare l'acqua per il crollo degli acquedotti spesso interrotti da mani nemiche o per l'abbandono dei pozzi o delle sorgenti, la parte di Roma che fu più abitata, divenne quella a valle, il Campo Marzio. Così il rione Monti rimase poco abitato mentre i romani prendevano l'abitudine di dissetarsi con l'acqua, allora potabile, del Tevere. A segnare lo svuotamento del rione Monti concorsero le vicende del trono papale trasferito ora a Viterbo, ora ad Anagni e ora ad Avignone che tolsero al rione stesso il suo principale punto di riferimento culturale, religioso e sociale, il Laterano . Se non fosse stato per il giro delle mura Aureliane, termine fisso della difesa di Roma e per il flusso continuo dei pellegrini, rinvigorito dopo la proclamazione del primo Anno Santo, che andavano visitando S. Croce in Gerusalemme, S. Giovanni in Laterano e S. Maria Maggiore, il nostro rione non si sarebbe salvato dall'abbandono più completo. Provvidenziale fu perciò l'intervento di Sisto v che con l'apertura della via oggi Merulana e allora Gregoriana, della via Felice (oggi Depretis, Quattro Fontane e Sistina) indirizzò con chiarezza il pellegrinaggio e il ritorno all'urbanizzazione del rione Monti anche se l'intervento edilizio più intenso doveva avvenire dopo il 1870 quando i palazzoni ottocenteschi si sostituirono a case, orti e vigne. Tra il 1924 e il 1936 si scavarono le aree di parte dei Fori imperiali e si aprì via dell'Impero (via dei Fori imperiali). Tanto andò perduto e tanto fu recuperato all'archeologia.
Un rione pertanto ricco di storia come tutti quanti gli altri ma vasto e complesso in cui è possibile ritrovare le tracce della via dei trionfi dei consoli romani e l'ultimo tratto della cavalcata papale alla cattedra di vescovo di Roma e del mondo cattolico.
Volete sapere chi sono i monticiani? Eccoli:

«Noi semo de li Monti e cche vvolete?
A 14 a bbajocco le coltellate, e ppugni in faccia, quanti ne volete».
«Semo monticianelle e non tremamo, e lo spiedino in testa lo tienemo, e'r cortelluccio in petto e'r sercio i'mmano».






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