II Trevi - ROMACITTAETERNA

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RIONE II   TREVI
Origine Araldica
Si dice di Trevi, dalla voce latina Trivio,gia correttamente pronunciata Trejoe Trevio la quale significa un Luogo,dove fanno capo Tre Vie. Tre sono le strade che formano il trivio che si trovano nella piazzetta dei crociferi quando non c'era ancora la fontana di Trevi e lo spazio era ben più ampio. Tre sono le bocche dell' Acqua Vergine. Tre sono le misericordie, armi bianche, che vediamo nello stemma.






Le origini e l'evoluzione urbanistica


«La lapide affissa al capo croce della Ripresa de' Barberi da principio al circuito di questo Rione, onde è che torna a passare per il primo ramo della via di Macel de' Corvi, traversa la piazza di Colonna Traiana, entra nella villa Magnanapoli, e volta sulla sinistra per la via del Quirinale ed in linea retta prosegue fino a Porta Pia, ove volta sulla sinistra per le mura della Città, giunge a porta Salaria, prende la via di questa porta, penetra nella via di S. Basitraversa in linea retta la piazza Barberini, entra nella via del Tritone, e prosegue fino agli Angeli Custodi, volta sulla destra per la via del Nazareno e va direttamente per la via del Pozfino alla chiesa di S. Claudio dei Borgoquivi volta a sinistra per quella di S. Maria in Via, l'altra dei Sabini, e giunge su quella delle Muratte, ove volta sulla destra per via del Corso, e da questo punto va direttafino al capo croce della Ripresa de' Bardove all'affissa lapide compisce il suo gi».sono gli antichi confini del rione Trevi, che ha come insegna tre spade nude in campo rosso, desunti dalla «Corografia di Roma» del 1846.
Oggi tutti pensano che il suo nome derivi dalla presenza della fontana più famosa del mondo, ma non è così. La sua origine precisa non è anstoricamente accertata, ma certamente non proviene dalla fontana. Il nome deriva, con ogni probabilità, dal termine latino
,che stava ad indicare la confluenza di tre vie. È stata proposta da alcuni studiosi anun'altra etimologia proveniente dalle tre bocche (cavole di Trejo) del condotto dell'acVergine, costruito dal genero di Ottaviano Augusto, Agrippa, nel 19 a.C. Frontino, lo scrittore latino autore di un trattato sugli acquedotti di Roma, ha così descritto l'avvenimento: «Tredici anni dopo aver condotto l'acqua Giulia (nel 33 a.C.), Agrippa condusse l'acqua Vergine convogliandola a Roma da un terreno di Lucullo... Fu chiamata "Vergine' ' per il fatto che, a certi soldati che cercavano acqua una giovanetta indicò alcune vene, seguendo le quali essi scoprirono un'enorme quantità di acqua.

Tuttora una tabella dipinta affissa alla sorgente rappresenta la storia di quest'origine.
L'acqua Vergine ha inizio all'ottavo miglio sulla via Collatina in luoghi palustri all'interno di un bacino costruito in cemento per meglio contenere le scaturigini...». In un certo senso comunque le due origini coincidono, dal momento che indicano entrambe lo stesso luogo: la piazzetta dei Crociferi, situata a lato dell'odierna piazza di Trevi. È qui che si trovava infatti la mostra della fontana di Trevi prima della trasformazione eseguita dall'architetto Nicola Salvi tra il 1735 ed il 1751, ed è sempre qui che si congiungono le strade del trivium.epoca romana, la zona compresa nell'attuale rione rientrava nella terza regione della Roma repubblicana; nella sesta, detta Alta Semita e settima, via Lata, della città imperiale, occupate da grandi raggruppamenti di abitazioni private all'interno dei quali spiccavano alcuni edifici grandiosi e monumentali, come il temp pio di Quirino, che dava il nome al colle Quirinale, o il Capitolium vetus, di origini antichissime, in cui veniva venerata la triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva); situato sulle pendici dello stesso colle, dove, a causa della sua posizione elevata e quindi più salubre rispetto alla parte bassa dell'abitato, sorsero, soprattutto durante l'età imperiale, templi ed abitazioni residenziali circondate da orti e rigogliosi giardini.

Sulla parte meridionale del colle, nella zona detta Alta Semita, erano collocati due importanti complessi termali, uno dedicato a Costantino e l'altro a Diocleziano. La particolare configurazione del suolo di questo rione determinò, fin dall'epoca romana, una sorta di divisione tra l'area bassa, a livello del fiume, e la zona collinare. Mentre la prima ha sempre fatto parte del tessuto cittadino, la seconda è sempre stata prescelta per insediamenti a carattere prettamente residenziale.differenza quindi dell'Alta Semita, la via Lata era una regione più densamente abitata. Una volta finiti i fasti dell'impero romano, dopo il saccheggio della città da parte dei Goti di Alarico, nel 410 d.C. e poi, 45 anni dopo, dai Vandali di Genserico, tutta la parte alta si andò spopolando, mentre la popolazione si andava addensando nella valle del Tevere. Sulle pendici del Quirinale rimasero le chiese, collegate alla città attraverso la rete viaria classica, che permetteva il collegamento tra il fiume e le due porte, Salaria e Nomentana. Durante i secoli bui del medioevo il rione era dominato dalla presenza dei «Colonnesi» (i Colonna), che risultano insediati proprio sotto le pendici del Quirinale già prima del Mille. A quell'epoca la ripartizione della città era decarconale, e la zona di Trevi si distingueva per via dell'arco marmoreo sito presso la via Lata, detto arcus novus, eretto dall'imperatore Domiziano.
Dai decarconali si passò, nel 1141, ai tredici «banderesi» e il secondo fu detto «de Trejo». Il cuore di Trejo era la piazza antistante alla chiesa di S. Marcello, e nel rione avevano le loro residenze, oltre ai «Colonnesi», diverse famiglie aristocratiche: i Muti-Papazzurri, i Capogalli, i Mancini, i Benzoni, gli Aldemari, gli Orsini e i Boccamazza. In quel periodo la topografia della zona era profondamente diversa: il «Trejo» andava dalla chiesa di S. Marcello (orientata in maniera opposta a quella attuale, in quanto aveva l'abside dove ora è situato l'ingresso) a quella di S. Salvatore de Camilliano (chiesa scomparsa che si trovava nei pressi di piazza del Collegio Romano), per poi salire per Santa Maria in via Lata fino alla chiesetta di S. Maria de Cannella, chiamata così per il fatto di appartenere al Collegio degli speziali i quali, nei giorni festivi, vi collocavano vasi pieni di essenze profumate, tra cui la cannella.

Il Trejo proseguiva poi verso un altro tempio scomparso, quello di S. Nicola in Arcione (nei pressi dell'attuale Traforo), raggiungeva la chiesa di S. Anastasio e saliva sul Quirinale, dove confinava con il rione Monti. Intorno a Montecavallo (così veniva chiamato il Quirinale, a causa della presenza delle due colossali statue dei Dioscuri, provenienti dalle terme di Costantino) c'erano terreni e giardini di importanti esponenti dell'aristocrazia del tempo: dietro alla Dataria le vigne del cardina¬le di Ferrara Ippolito d'Este, tra monte Cavallo e porta Pia quelli dei Boccacci, e nei pressi di S. Susanna, la vigna dei Muti e del cardinale di Carpi.tutta la zona intorno alla platea Apostolorum, ossia la piazza dei Ss. Apostoli, ha avuto un destino simile a quello di tutta la valle del Tevere, e fu quindi sempre densamente popolata, la parte alta del rione ebbe uno sviluppo urbanistico ed edilizio assai più lento, cominciato soltanto verso la fine del xvi secolo, con l'apertura della «via Felice», il cui tracciato corrisponde all'incirca a quello di via Sistina, via delle Quattro Fontane e via Agostino Depretis.'apertura della via Felice, voluta da papa Sisto v e realizzata dal suo architetto Domenico Fontana nel 1585, venne preceduta da una serie di altri interventi di rivitalizzazione dell'intera area, cominciati con il restauro teWAlma Semita durante il pontificato di Pio iv (la strada prese infatti il nome di «Pia») e proseguiti con la trasformazione del complesso delle terme di Diocleziano in chiesa e convento, avvenuta tra il 1560 ed il 1565.
Nello stesso lasso di tempo, Michelangelo apriun nuovo passaggio nelle cerchia di mura, la futura porta Pia, mentre pochi anni dopo papa GregorioXIII Boncompagni, dà inizio alla codel primo nucleo del nuovo palazzo papale. Uno dei fattori che resero comunque possibile questa sorta di rinascenza della parte alta del Quirinale fu la realizzazione dell'acdell'acqua Felice, avvenuta tra il 1585 e il 1589, il quale, utilizzando in parte le condell'antico acquedotto Alessandrino, portava in città l'acqua proveniente da una loà nei pressi di Zagarolo, detta «Pantano dei Grifi», per rifornire del prezioso liquido tutta la parte alta di Roma, che ne era del tutto sprovvista.della costruzione del condotto, voluta da Sisto v (l'acqua fu detta «Felice» dal suo nome di battesimo, Felice Peretti), per avere dell'acqua era necessario comprarla dagli «ac», o «acquarenari», che la prelevavano dal fiume e la vendevano a chi ne era sprovviSeicento l'assetto di questa parte della cità era già assai simile a quello attuale: le iniintraprese da papa Peretti avevano perun cospicuo ripopolamento della zointorno alla via Felice, a cui si erano aggiunil restauro di antiche chiese, come S. Susane la costruzione di nuovi edifici di culto. Anche nella parte bassa del rione, raccolta intorno a piazza dei Ss. Apostoli, sorgono nuove importanti residenze signorili: i palazzi Odescalchi, Colonna, Grimaldi, Muti-Papazzurri, Testa-Piccolomini ed altri ancora, intorai quali si sviluppa un tessuto urbanisticaratterizzato da abitazioni di edilizia miricollegabili ad un ceto composto da picborghesi, commercianti ed artigiani, che ruota intorno ai palazzi nobiliari. Un piccolo esercito di camerieri, cocchieri, argentieri, parrucchieri, falegnami, sellai, muratori, scalpellini e fabbri.panorama architettonico e sociale si mantiene più o meno intatto per circa due secoli. Il Quirinale, isolato dal tessuto abitativo della città bassa, tende a trasformarsi in una sorta di «cittadella del potere», ospitando una serie di edifici fortemente rappresentativi della potenza papale tutti collegati al grande palazzi, la cui funzione alternativa al Vaticano si va notevolmente accentuando proprio nel XVIII secolo, con la costruzione delle scuderie pontificie, del Palazzo della Consulta, il completamento della «Manica Lunga» e la nuova sistemazione delle due colossali statue dei «Dioscuri» e dell'obelisco sulla piazza del Quirinale. Tale funzione sarebbe poi stata ulteriormente accentuata nel caso in cui fosse stato effettivamente realizzato il progetto elaborato nel 1811 dal prefetto imperiale napoleonico, il conte De Tournon, che prevedeva la trasformazione dell'intera area in un vero e proprio «quartiere imperiale», che si sarebbe dovuto sviluppare lungo la via Pia.piano, frutto della fervida immaginazione dell'intendente alle fabbriche imperiali Marziale Daru e dell'architetto Raffaele Stern, cadde insieme col regime napoleonico e il conseguente ritorno dei papi, ma fu poi ripreso, in un'altra ottica dopo la presa di Roma, quando si dovette progettare l'assetto urbanistico della nuova capitale.dopo il 1870, si riaffacciò l'idea di riunire lungo la via Pia tutti i ministeri, per farla diventare «l'asse amministrativo della nuova capitale», in grado di collegare la residenza del re con la stazione ferroviaria. L'ipotesi, caldeggiata dal ministro Quintino Sella, determinò la costruzione del Ministero delle finanze e di quello della guerra lungo la strada, mentre tra piazza S. Bernardo e porta Pia furono realizzati i ministeri dell'agricoltura e foreste, dei lavori pubblici, dei trasporti, del lavoro e del debito pubblico. La via Pia venne quindi ribattezzata via del Quirinale e via xx Settembre, e diventò il nuovo asse di collegamento tra il centro storico ed i nuovi quartieri che cominciavano a nascere nella parte occidentale di Roma, dentro e fuori delle mura aureliane, secondo una programmazione prevista dal piano regolatore del 1873 di Alessandro Viviani, che sconvolse completamente il territorio compreso tra villa Medici e via xx Settembre. Questa parte della città, che era riuscita a mantenere un aspetto tranquillo e pittoresco grazie all'inserimento perfetto di chiese e palazzi nell'ambiente circostante, ancora di tipo campestre, fu radicalmente trasformata. Scomparvero uno per uno i viottoli che si inerpicavano tra orti e giardini verdeggianti verso porta Pia e porta Salaria, sostituiti dai massicci edifici dell'edilizia «ufficiale», prime avvisaglie di un'urbanizzazione che avrebbe, nel giro di pochi anni, mutato completamente il volto di uno dei più romantici angoli della città.decenni successivi, l'apertura di nuovi assi viari come via del Tritone, via Barberini e via Bissolati, del Traforo Umberto I sotto i giardini del Quirinale, la demolizione delle casette secentesche che si affacciavano su piaz¬za Barberini, del convento di S. Nicola da Tolentino, del palazzetto Sciarra insieme all'ar¬co dei Carbognani, hanno ulteriormente ridotto il fascino popolare che il rione Trevi doveva avere fino alla fine del secolo diciannovesimo.si è mantenuto solo in alcune parti: i vico- letti intorno a piazza Scanderbeg, le strade che portano al mercato del Lavatore, protetto dalla rassicurante mole del «palazzo» del Presidente, la salita della Dataria e la zona intorno alla Pilotta.poco, forse, per ricordare la Roma dell'Ottocento, ma sufficiente per avvertirne ancora la struggente bellezza.


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