XXII Prati - ROMACITTAETERNA

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RIONE XXII Prati
Origine Araldica
D Il suo simbolo è la sagoma del mausoleo di Adriano in Azzurro su sfondo argento;nonostante ciò bisognabricordare che il mausoleo di Adriano (l'attuale Castel Sant' Angelo) non appartiene a questo rione ma a Borgo.

Dalle origini ad oggi  Il 20 agosto 1921 la giunta comunale, sottraen del territorio al vicino rione Borgo, costitui il rione Prati. Il gonfalone del nuovo rione, il XXII, ebbe sul campo azzurro l'immagine del mausoleo di Adriano in argento. Da questo fatto si sarebbe indotti a credere che il mauso di Adriano, divenuto agli inizi del medioe castel S. Angelo, facesse parte del rione Pra invece castel Sant'Angelo è il monumento più rappresentativo del contiguo rione Borgo. Sgombrato il campo da questo equivoco, un al ne resta da chiarire e cioè quello per cui la maggior parte dei romani ritiene che del rione Prati faccia parte anche una zona del viale e della piazza Mazzini con le loro adiacenze. Po si informano, o sono informati, che, come evidenziano le targhe stradali poste sul viale delle Milizie, sul lato sinistro risalendo verso il Tevere da quel punto inizia il quartiere Della Vittoria. Il rione Prati ha infatti i seguenti con via Leone iv, piazza del Risorgimento, via Stefano Porcari, via Alberico II, piazza Adriana, lungotevere Prati, piazza dei Tribu lungotevere Castello, lungotevere dei Mei- lini, piazza della Libertà, lungotevere Miche fino al viale delle Milizie. Il nome di Prati ha antica origine come toponi del posto e stava ad indicare appunto i pra che si estendevano dai dintorni di castel S. Angelo fino a poco oltre l'altezza dell'attuale ponte Margherita. Già nell'antica Roma nella zona venivano indicati i prati Neroniani che andavano dal Tevere alle pendici di Monte Ma Nella zona dei Prati era situata la nauma vaticana che si vuole sia stata costruita per ordine dell'imperatore Domiziano onde di Roma di un altro impianto sportivo, in cui avvenivano spettacoli d'acqua, i quali ri un sempre maggior pubblico, per cui non era più sufficiente la naumachia di Au in Trastevere. Diversi studiosi dei secoli passati hanno creduto di individuare la nau vaticana, e per esempio Pirro Ligorio sostiene che da essa proviene la nota statua raf P«Ermes» detto del Belvedere. Sap inoltre che fino a tutto il secolo xvi erano visibili, a nord-ovest di castel S. Angelo, i ruderi di un grande edificio identificato erro ma in ragione della vicinanza con il mausoleo omonimo, come circo di Adriano. L'abate Diego De Revillas scavò in questi rude nel 1742 e dello scavo presentò una relazione a papa Benedetto IV. L'abate penetrò in un lungo corridoio coperto a volta dove in tre punti diversi apparvero scale simili a quelle che negli anfiteatri e nei circhi conducevano dagli ambulacro di ingresso alle gradinate. Il De Re scavò allora dove suppose si dovesse tro l'arena del Circo e qui rinvenne alcune ro disposte lungo l'asse centrale di quello che a lui sembrava il circo di Adriano. Anche Gio Battista Nolli nella sua pianta di Roma raffigurò i resti di questo antico edificio, ma con la differenza dovuta al fatto che diversi fu i punti di riferimento presi dai due studio per tratteggiare la pianta. Dopo il 1870, quando i Prati di Castello furo radicalmente interessati dai lavori di urba e di edilizia residenziale, o intensi avvennero rispettivamente nel 1893, 1899,
Nell'illustrazione: il generale romano Germanico, che dà il toponimo alla via (busto romano del i secolo d.C., conservato al museo nazionale di Lubiana); la toponimia di molte strade del rione Prati ricorda illustri personaggi dell'antica Roma. A fronte: scorcio del rione Prati, in una fotografia effettuata da Giuseppe Primoli alla fine dell'Ottocento.  

1910 e nel 1924, scoperte archeologiche. All'al di via Cola di Rienzo e via Terenzio si rin i resti dell'ambulacro esterno dell'edi identificabile con quello visto dal De Re- villas. Altre strutture apparvero tra via Cre e via Ovidio tutte con lo stesso orienta di quelle disegnate da G. B. Nolli. Nel 1924, infine, lungo la via Fabio Massimo e di nuovo in via Terenzio, si ritrovarono ambienti in opera mista che, nei mattoni, rivelarono bol dell'età traianea. Si rinvennero anche resti di una platea in tufo per cui fu possibile misurare la larghezza dell'arena, che risultò essere di cir metri 102. Il Lanciani vi vide ciò che restava di un altro edificio che le fonti indicavano esi nei prati Neroniani: il Gaianum. Da queste fonti sappiamo che il Gaianum era un'a periferica per esercitazioni circensi che lo stesso Caligola, Gaio (e da lui Gaianum), adoò per celebrare il suo ingresso in Roma nel 37 d.C. Così pur se della naumachia vaticana non s'è trovata ancora traccia sicura, certamen negli antichi prati Neroniani, detti anche Horti Domitiani, dovevano esistere due grandi edifici sportivi, appunto il Gaianum, che Pro definisce stadio e la naumachia vaticana. Altri resti di età romana vennero alla luce nel lungo il lato occidentale del palazzo di grazia e giustizia. Ciò avvenne nel 1889 quando fervevano i lavori per la costruzione del monu palazzo, del prospiciente ponte Umber I e quelli per l'ampliamento del letto del Te e per la demolizione del recinto pentagona esterno di Castel S. Angelo. Si rinvenne un portico in direzione nord-sud con tabernae in opera reticolata della prima metà del i secolo d.C., la cui decorazione con in colonne di alabastro e marmo detto di portasanta, capitelli di marmo rosso e giallo antico e pavimenti ad intarsi marmorei poli Si rinvennero altresì una serie di mura opere di canalizzazione e drenaggio delle acque e i resti di una cisterna. Sul lato orientale si ritrovarono invece due sar appartenenti, come risultò dalle iscri poste sulle tombe, a personaggi della stes famiglia: Crepereio Euhodo e Crepereia Try- phaena. I sarcofagi, con il coperchio ancora si erano stati sepolti nel fondo di un poz scavato nel terreno vergine e colmato con materiali dello stesso scavo. Si presentarono si a fianco come se dovessero costituire un'unica sepoltura bisoma. Infatti, mentre era lavorati, oltre alla fronte, i lati brevi esterni, non lo erano invece quelli interni, che risulta accostati l'un l'altro. Ad un'altra quota, più alta, si rinvenne un sar strigilato, ornato con figura della de su cespo di acanto e, nel novembre del 1889, nell'angolo sud-est del palazzo di giusti- zia, si rinvenne un altro sarcofago con l'imma della defunta clipeata ed infine se ne trovò ancora uno ornato con i Geni delle stagioni ed affiancato da un altro di grandiose dimensioni dalle facce non lavorate. I sarcofagi furono se tra la metà del il e il iii secolo d.C. in quello che doveva essere un fondo privato con con gli Horti Domitiae. D'altro canto, nella vicina zona vaticana, passava la via Trionfale che ai lati presentava sepolcri e ne Resta famoso tra questi sarcofagi rin quello di Crepereia Tryfaena, che ha re non solo i resti della giovane fanciulla, ma anche il raffinato e lussuoso corredo perso e gli oggetti del gioco con la famosa bam Gli ultimi anni di vita dell'impero roma d'Occidente videro i Prati occupati tre volte dai Visigoti di Alarico e una dai Vandali di Genserico, dagli Eruli di Odoacre, dagli Ostro di Teodorico, dai Goti di Totila e di Vitige, dai Greci di Belisario e dai Longobardi di Liut- prando.

La zona infatti, per la sua ampiezza, si prestava ad essere utilizzata come campo ba¬se di eserciti che fossero interessati alla conqui¬sta, e talvolta anche alla difesa di Roma. Que¬sto carattere militare rimase a lungo nella zona adoperata successivamente per esercitazioni fi-no alla costruzione, nel tardo Ottocento, delle grandi caserme di Prati e alla denominazione della contigua zona di piazza d'Armi, oggi nel quartiere Della Vittoria. D'altro canto anche la toponomastica del rione è ispirata agli eroi ita¬liani che si batterono contro il potere tempora¬le pontificio, ai concetti ideali del nostro risor¬gimento e ai grandi condottieri della storia d'I¬talia e di Roma antica. A questi ultimi furono accostati i nomi dei maggiori letterati della classicità latina e pagana. Carlo Magno, quando si recò in S. Pietro per essere incoronato imperatore del Sacro romano impero, accampò nei Prati i suoi fanti ed anco¬ra, tra il 962 e il 998, i tre Ottoni, per assediare il Castello, occuparono i Prati. Ancora nei Pra¬ti si svolsero gli scontri cruenti tra le milizie di papa Gregorio vii e quelle di Enrico iv, quindi tra i soldati del popolo romano e quelli di Enri¬co v ed infine tra Ottone iv e Federico Barba- rossa. Nel 1417 fu sconfitto, nei Prati, Braccio Fortebraccio da Montone e costretto alla fuga da Muzio Tendolo Sforza. Ancora nei Prati, durante il sacco di Roma nel 1527, si accampa¬rono i Lanzichenecchi e Benvenuto Cellini ri¬corda come dagli spalti di Castel S. Angelo riu¬scisse a disturbare il nemico con falconetti e colubrine fino a ferire, con un colpo di archi¬bugio, Filiberto di Chialons, principe d'Oran- ge. Nel 1798 le truppe francesi fecero campo nei Prati per poi occupare il Castello, imitati dieci anni dopo dal generale Miollis coman¬dante delle truppe imperiali. La storia dei Pra¬ti, tratteggiata così, appare fin troppo segnata da destini militari, i quali si manifestarono in momenti particolari della vita di Roma, ma la quotidianità dell'esistenza cittadina conobbe i Prati anche come luogo di svago e di riposo. In Prati infatti i romani amavano recarsi per fare merende e bisbocce seduti sull'erba o sulle panche di rustiche osterie. Come facevano i ro¬mani a passare il fiume visto che fino al 1878 l'unico ponte più vicino era quello detto Elio
di Castel S. Angelo? Si affidavano al «ferro- botte» la celebre, rudimentale barca di Toto Bi¬gi detto, per la sua abitudine alle grandi bevu¬te, «Bocalone». Il traghetto di Toto stava a porto di Ripetta dove sull'insegna era scritto; «Qui ci passa la barchetta».

Le famigliole appena sbarcate se ne andavano in cerca di baracche di canne dove si vendeva il vino fresco e dove erano apprestati campi di bocce oppure prendevano verso porta Angelica e la valle dell'Inferno, mentre altri utilizzavano
Prati a ridosso di Castello, l'area corrispon al palazzo di giustizia e piazza Cavour dove nei pressi di una vigna Gualdi era un'oste con cucina. Tre erano le osterie di Prati, al le più note venivano chiamate semplice la Prima, la Seconda e la Terza. Intanto, già qualche anno prima dell'arrivo de italiani, che a Roma furono detti «I Pie», i Prati erano entrati nei programmi della nascente speculazione edilizia. A questo scopo, il ben noto monsignor Francesco Save De Merode vi aveva acquistato dei terreni con la villa degli Altoviti, mentre ancor prima, Pietro Ercole Visconti aveva presentato al pon Pio vili un progetto di nuova borgata da costruirsi di fronte al porto di Ripetta fra il Ca e la valle dell'Inferno. L'architetto Ca- chiatelli riprese l'idea del Visconti e pensò di rivestire le rive dei Prati di un muraglione e progettò fabbricati per abitazioni per i poveri, con annesse fabbriche di sapone e di candele ed edifici da far utilizzare agli addetti al com Progettò inoltre uno sferisterio, una terrazza panoramica di giorno e cosmoranica di notte, mentre tutto in pianta risultava espo su vie a raggiera che conducevano alla piaz del progettato rione e in questa piazza l'ar Cachiatelli prevedeva far sorgere una chiesa, un teatro, una sala per concerti e per audizioni letterarie e campi per l'equitazione, insieme ad una piscina pubblica. Pensò poi ad un ponte che doveva sboccare nel mezzo del porto di Ripetta, in ciò anticipando l'idea che porterà alla realizzazione di ponte Cavour. Il progetto di Cachiatelli, preparato intorno al 1930, nasceva da considerazioni tardo- illuministiche che miravano alla realizzazione di quartieri non solo autosufficienti, ma ri a quelle realtà sociali e urbane che il primo romanticismo aveva iniziato a conside sul serio. Comunque il progetto rimase ta e giace conservato presso la Biblioteca Casa- natense. Quando invece il monsignor De Mero acquistò poderi e vigneti nella zona dei Pra molte erano ancora qui le vigne e gli orti tra cui si ricordano quelli degli Altoviti, dei Salva- ge, dei Silenzi, dei Gualdi e dei Sacerdoti. Il primo a costruire in Prati fu il conte Edoardo Cahen che aveva comprato, per settecentomila- , lire, gran parte della vigna Altoviti dal fratello N< di monsignor De Merode. Cahen, insieme ad P° i altri soci, impiantò strade, marciapiedi albera- ti, illuminazioni a gas, fogne e alcuni palazzi. ¡n Il nuovo quartiere fu detto appunto: quartiere Ci i Cahen, esso si trovata tra le attuali vie Vittoria di ; Colonna, Ulpiano e Calamatta. A quei tempi Rc , (1874) via Vittoria Colonna era però detta via ; Reale, mentre l'attuale via Pietro Cavallini era via Cahen e le attuali vie Marianna Dionigi e
 
Muzio Clementi non erano altro che viottoli in terra battuta. Qui il principe Baldassarre Ode- scalchi acquistò un lotto di terreno e diede il via ai lavori di costruzione di un grandioso pa in stile fiorentino, che avrebbe dovuto avere la facciata principale rivolta verso il fiu e prospiciente una piazza, che avrebbe por il nome dello stesso principe. Poco dopo però, sul luogo della futura piazza, fu invece costruito un altro edificio che divenne poi sede della procura reale. Il principe Odescalchi, al sospese i lavori e vendette quanto aveva già realizzato. L'acquirente fu il pittore Attilio Simonetti, il cui nome è leggibile ancora oggi sulla fronte dell'edificio in via Vittoria Colon Purtroppo la commissione comunale limiò il proprio intervento urbanistico nella zona a strategie e tracciati da seguire facoltativa e questo fatto lasciò i proprietari liberi di edificare a proprio piacimento cosicché sol la direzione della via Reale fu rispettata. I proprietari degli immobili appena costruiti formarono poi una società al fine di costruire il ponte di Ripetta, che fu inaugurato nel 1879 con strutture in ferro e che per essere attraver richiedeva il pagamento di un pedaggio di 5 centesimi. Solo nel 1882 il Comune incluse i Prati nel proprio piano regolatore e dopo ac- ) cordi presi con il governo stabilì, grazie a una
serie di espropri, di costruire le caserme, il pa di giustizia e una piazza d'Armi. Si pen di demolire il vecchio muro di cinta tra porta Angelica e Castello e di collegare il nuo quartiere con il rione Borgo. Si progettava intanto anche la costruzione di un ponte in pie e muratura al posto di quello in ferro e se ne programmavano altri due, uno di fronte alla contrada dell'Orso (oggi ponte Umberto), l'al in fondo alla passeggiata di Ripetta (oggi ponte Margherita). Da questi ponti dovevano partire grandi vie destinate ad attraversare il nuovo quartiere e indubbiamente tali possono essere considerate sia via Cola di Rienzo che via Vittoria Colonna - via Crescenzio. Nel 1882 fu poi bandito il concorso per la co del palazzo di giustizia e nel 1888 Calderini, risultato vincitore del concorso, alla presenza dei reali d'Italia poneva la prima pie del nuovo grandioso edificio. Nell'organiz della rete stradale del nuovo quartiere prevalse l'atteggiamento degli anti-clericali, i quali decisero che l'impianto urbanistico non doveva essere incentrato sulla visuale della cu di S. Pietro perché ciò sarebbe stato inter come la testimonianza di un sentimen di omaggio verso la Chiesa. Se la volontà anticlericale del tardo Ottocento cercoò di fare di Prati un quartiere senza rilevanti presenze
religiose, la storia e l'opera della Fede segnaro invece Prati molto più di quanto si sarebbe potuto immaginare. Intanto già nel 1890 mon Francesco di Paola Cassetta consacrava su via Ottaviano una casa dell'ordine dei predi che, nel 1916, avrebbe eretto la chiesa della Madonna del Rosario su via degli Scipio- ni. Nel 1894 veniva fondata la chiesa del Sacro Cuore del Suffragio in quella che doveva essere la sua prima forma, intanto, in via Pietro Ca padre Giouet apriva una casa della sua opera con annesso oratorio di S. Giuseppe del ecclesiastico polacco e infine, in oc del cinquantesimo anniversario del sacerdotale di papa Leone xm, fu eretta e donata allo stesso pontefice, la chie di S. Gioacchino. Come se non bastasse, in piazza Cavour sorse un monumentale edificio della chiesa valdese. I romani chiamarono i po abitanti del nuovo quartiere con il nome di «prataroli» e tra questi divenne subito noto il pittore spagnolo Cohello, che abitava una vil con giardino ricco di platani e di eucalip situata dove oggi sta il lungotevere Prati. Il quartiere si presentava ancora senza un volto pienamente definito, vi si alternavano grandi edifici, lembi di campagna e stradoni appena aperti. In quegli anni, per renderlo più attraen vi si impiantò un teatro in legno, in stile mo chiamato Alhambra in cui si diedero an spettacoli lirici, mentre un'altra struttura lignea prospiciente il fiume (all'altezza dell'at via Marianna Dionigi) era detta il Ninfeo di Egeria, che aveva anch'essa uno stabilimen di bagni. In Prati si impiantò anche un anfi sempre ligneo per corride di bufali e un circo detto «reale». Dove oggi si ergono le ca lungo il viale Delle Milizie, nel 1891, si impiantò un vero e proprio villaggio di bedui detto «Esposizione Egiziana» con possibilià di gustare il caffè alla turca, di lasciarsi se dalle danze del ventre. La violenta crisi economica edilizia che colpì l'Italia nell'ultimo decennio del xix secolo gettò il nuovo quartiere in una situazione falli Chiuse le banche finanziatrici e con più edifici rispetto alla domanda, il nostro rio divenne una città morta. L'immagine di questo quartiere, finito a metà e abitato solo da fantasmi costituisce alcune delle pagine più belle della «Roma» di Emil Zolà. Ma anche questa crisi passò e il quartiere si avviò ad assumere il dignitoso, quieto e fa aspetto che oggi si trova nelle mattine domenicali. Nel 1901 venne costruito ponte Cavour, demolito il ponte di ferro di Ripetta. Le prime linee tramviarie furono in servizio con l'anno 1900. Una, la linea rossa, veniva da ponte di Ripetta, andava poi a via Cola di Rienzo, passava per piazza Risorgimento e si da dirigeva quindi a S. Pietro. La linea nera faceva l'itinerario inverso. Una tramvia a cavalli arri- :o- vava fino a piazza Cola di Rienzo, provenendo 1 da piazza del Popolo. Si giunge così al 1921, quando Prati diviene il ventiduesimo rione. È ormai una delle zone più caratteristiche, anche se recente, di Roma.

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