Fontana di Trevi
Dove e Collocata: |
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Piazza di Trevi |
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Zona: |
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Trevi |
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Autore: |
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Nicola Salvi |
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Committente: |
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Clemente XII |
All'indomani della sua elezione, papa Corsini dimostrò subito un grande interesse per la fontana di Trevi, tanto da bandire un primo concorso per la realizzazione del monumento, che avrebbe dovuto appoggiarsi sul palazzo dei Conti, ricostruito soltanto pochi anni prima. Non soddisfatto degli esiti del primo concorso, il papa ne bandì, un anno dopo, un secondo, a cui parteciparono Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga, Nicola Salvi e, probabilmente, Alessandro Galilei. Fu scelto il progetto del Salvi e il 2 ottobre del 1732 il pontefice diede il via ai lavori per la costruzione dell'ultima delle grandi fontane di Roma. Un'impresa lunga e sofferta, durata ben tredici anni, il cui risultato si potrebbe descrivere con le stesse parole utilizzate alla fine del Settecento da Francesco Milizia, il quale, scrivendo dell'architetto, si esprime in questi termini: «La sua opera strepitosa è la fontana di Trevi... Questa fontana è superba, grandiosa, ricca e tutta insieme d'una bellezza sorprendente. Si può francamente dire che in Roma non si è fatta in questo secolo opera più magnifica». Il prospetto del famosissimo monumento, largo 20 metri ed alto 26, è appoggiato sul lato minore del palazzo dei duchi di Poli, e costituisce un felicissimo incontro tra architettura e scultura che imita la natura.
La parte architettonica è costituita dal grande nicchione centrale con la calotta a cassettoni, simbolo del «regno dell'Oceano», fiancheggiato ai lati da due coppie di colonne corinzie addossate a lesene, che sorreggono un grandioso attico, ornato da statue che raffigurano le quattro stagioni oppure, secondo altre interpretazioni, «gli effetti delle pioggie e la fecondità della terra causata dall'innaffio delle acque», eseguite dagli scultori Ludovisi, Pincellotti, Corsini e Queirolo nel 1735. Al centro, una grande iscrizione sormontata da un monumentale fastigio composto dallo stemma Corsini con ai lati due rappresentazioni della «Fama», di mano del Benaglia. I due lati del corpo centrale, leggermente aggettante e concepito come una sorta di arco di trion¬fo, sono occupati da due nicchie che contengono altrettante statue: a sinistra l'«Abbondanza», di Filippo della Valle, sormontata da un rilievo che raffigura «Agrippa che approva il disegno dell'acquedotto», di Andrea Bergondi; a destra la «Salubrità», sempre di Della Valle, e sopra «la Vergine che indica la sorgente ai soldati» di Gianbattista Grossi. Le due ali laterali del monumento possiedono due piani di finestre, intervallate da lesene corinzie di ordine gigante. Dall'interno del nicchione centrale si stacca la maestosa figura dell'«Oceano», trascinato sul cocchio a forma di conchiglia da due cavalli marini (il cavallo «agitato» a sinistra e quello «placido» a destra) che vengono guidati tra gli scogli aguzzi e gli spruzzi d'acqua da altrettanti tritoni. L'intero gruppo statuario, marmoreo è di mano dello scultore Piero Bracci, che lo eseguì nel 1762, mentre i tre catini posti davanti al carro dell'Oceano sono di Giuseppe Pannini. La scogliera sottostante si allarga fino a coprire l'intera base del palazzo, per concludersi nella grande vasca, dove si raccoglie l'acqua che sgorga sotto al carro centrale. Inaugurata ufficialmente il 22 maggio del 1762, dopo circa trent'anni di lavori, la fontana rappresenta uno dei simboli della città eterna, e come tale ha dato vita ad una serie di leggende e tradizioni popolari, prima tra tutte quella di gettarvi dentro una monetina se si desidera ritornare a Roma. Ma oltre a questa, esiste un'altra tradizione, meno nota ma più romantica, ancora in uso fino a poche decine di anni fa: quando un giovane romano doveva partire dalla sua città per un periodo di tempo abbastanza lungo, veniva accompagnato dalla sua fidanzata alla fontana di Trevi. Arrivati davanti al monumento, la ragazza gli porgeva un po' d'acqua attinta dalla vasca, contenuta in un bicchiere nuovo di zecca. Il suo fidanzato la trangugiava tutta d'un sorso e poi gettava il bicchiere dietro le sue spalle. Compiuto questo «rito», la ragazza era certa che non avrebbe dimenticato né lei né Roma.
Come molte famose fontane romane, anche quella di Trevi è nota per alcune «bizzarrie», che hanno dato luogo ad altrettante leggende di origine popolare: la prima riguarda il grande vaso di travertino collocato in cima alla balaustra di destra, verso via della Stamperia, detto anche «asso di coppe». Si dice che, al tempo in cui Salvi stava costruendo la fontana, la casa di fronte al vaso ospitasse la bottega di un barbiere, frequentata spesso dall'architetto mentre era impegnato nei lavori. Il barbiere era un brav'uomo, ma un po' noioso e leggermente pedante: ogni volta che sbarbava Salvi gli dava suggerimenti su modifiche da apportare al monumento, che lui riteneva indispensabili. Un giorno l'architetto, stufo delle critiche, decise di mettere a tacere una volta per tutte il petulante barbiere, e in una notte fece costruire la grande palla di travertino, che avrebbe occultato completamente la vista del monumento dalla bottega di fronte.
Nell'immagine: veduta prospettica della gran fontana dell'acqua Vergine detta di Trevi, con le nicchie rettangolari contenenti le statue di Agrippa e della Vergine Trivia, in un'incisione settecentesca.
Un'altra singolare bizzarria si può ammirare proprio dalla balaustra a fianco dell'asso di coppe: il cappello di un vescovo, anch'esso di travertino, adagiato sulle finte rocce, come se fosse stato abbandonato da un porporato che passava di lì, mentre si costruiva la fontana. Immortalata da Fellini, che nel film «La dolce vita» vi fa immergere Anita Ekberg, «venduta» negli anni Sessanta da tanti piccoli truffatori ai turisti americani, la fontana di Trevi è stata oggetto di un altro singolare episodio: alla fine della prima guerra mondiale gli americani ave¬vano donato al generale Pershing una villa, e volevano decorarne il giardino con una riproduzione del monumento, di cui pochi però serbavano un ricordo preciso. Quando un loro incari¬cato venne a Roma a vederla per farla riprodurre: l'inviato tornò, dicendo che la fontana era talmente grande che avrebbe occupato, con la sua mole, tutto il parco insieme alla villa.