La vita del legionario - ROMACITTAETERNA

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Roma Antica > Esercito

Il cittadino romano che, per necessità o inclinazione, decideva di dedicarsi alla vita militare sapeva di dover dare allo stato almeno venti anni della propria vita e difficilmente rivedeva Roma. Agli eserciti era infatti proibito superare le mura della città e al momento del congedo, quando ai veterani veniva dato un pezzo di terreno da coltivare, spesso preferivano stabilirsi nei luoghi in cui avevano prestato servizio.

La recluta riceveva una somma sufficiente a coprire le spese di viaggio fino alla località in cui la legione era stanziata e all’arrivo prestava un giuramento che rinnovava ogni anno. Al campo i nuovi soldati venivano addestrati a maneggiare le armi, ad allestire il campo e a marciare con tutto il loro armamento individuale, con i viveri per alcuni giorni (razioni di frumento in grani da macinare via via) e persino il materiale per accamparsi: un fardello di 30-40 chili. Se non c’era una campagna in corso, i legionari conducevano nel campo una tranquilla e monotona vita di guarnigione; dopo l’addestramento e i turni di guardia potevano scendere al villaggio o passare il tempo libero alle terme dove trovavano svaghi, bagni e palestre. Tra i militari, specie in età imperiale, era diffuso il mitrismo, il culto orientale del dio Mitra che esaltava il coraggio e la forza fisica. I riti si svolgevano in una grotta o in un tempio sotterraneo, detto mithaeum. All’atto del congedo i legionari, ormai prossimi alla cinquantina, potevano scegliere tra un premio in denaro o un pezzo di terra
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