X Campitelli - ROMACITTAETERNA

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RIONE X CAMPITELLI
Origine Araldica
Nello stemma del Rione c'è la testa di un drago su sfondo bianco. La scelta del simbolo deriva dalla leggenda secondo cui un drago  che infestava il Foro  Romano fu cacciato da papa Silvestro I




Dalle origini ad oggi
Nello stemma del rione è la testa nera di un drago in campo bianco. È molto probabile che essa stia a ricordare la leggenda del drago che infestava nel medioevo l'area del Foro Romano e che fu vinto dall'intervento di papa Silvestro. Il nome di Campitelli al rione sembra derivare dal campo di terra in cui era ridotta l'area del Foro oppure dalla corruzione di Campidoglio. In questo rione è compresa tutta la storia di Roma dalle capanne di Romolo al Foro Romano, dal Foro di Cesare alla casa di Augusto e ai ricordi di tutti gli imperatori fino a Costantino con il suo arco, quindi alle leggende dei Ss. Pietro e Paolo, alle chiese medievali, ai papi che abitarono sul Palatino, a Cola di Rienzo, a Petrarca e a Michelangelo, che sistemò il Campidoglio.
Ancora questo rione è segnato da palazzi aristocratici e da interventi papali e tutto ciò senza sosta fino alla rivoluzione francese e ancora fino alla Repubblica romana e quindi dopo l'annessione di Roma all'Italia è in questo rione che la città si trasforma nel suo luogo più monumentale: piazza Venezia con il suo Vittoriano. Qui si celebra l'unità della nazione, le memorie del risorgimento, i caduti della grande guerra, mentre insieme i veri romani rimpiangono le case e le chiese cadute sotto il piccone demolitore.
Ma le generazioni passano e tra non molto il rimpianto si acquieterà perché nei più giovani non c'è già più memoria concreta di quanto una volta esisteva.
L'apertura di via dei Fori Imperiali, di via del Teatro di Marcello segnò l'ulteriore trasformazione di Roma secondo il progetto fascista che la voleva un'altra volta monumentale e contemporaneamente moderna, quasi futurista: attraversata da grandi vie percorse da intenso traffico, ritenuto allora simbolo di progresso. Questo rione è quello dei Padri della Patria: Romolo sul Palatino, Camillo sul Campidoglio, Augusto e poi gli altri imperatori nel Foro, fino a Cola di Rienzo e a Vittorio Emanuele il. Questo rione è anche quello delle leggendarie memorie dei Santi patroni di Roma: Ss. Pietro e Paolo, S. Francesca Romana e S. Sebastiano, protettore di Roma con l'arcangelo Michele.

Di questo rione la storia e la descrizione di quanto è visibile e di quanto è scomparso è nelle pagine seguenti. Certo è che esso ha conosciuto, dopo l'impero romano, tutte le vicissitudini della storia del papato: le fortezze delle grandi famiglie romane, rivali tra loro, e nel 1143 la Renovatio Senatus con il Campidoglio difeso dai senatori e dal popolo, dall'assalto armato di papa Lucio II, che morì durante lo scontro colpito da un proiettile di fionda. Sul Campidoglio ascese il conte Carlo d'An-giò, poi re di Sicilia, dopo di lui, nel rione si affrontarono come in tutta la città guelfi e ghibellini e sarà papa Nicolò III, che fattosi eleggere senatore a vita, ridurrà alla pace le fazioni nel 1278.
È il Campidoglio, infatti, nel medioevo il luogo del riferimento ideale del politico e di quanto del sacro si opponeva ad esso. Sul Campidoglio nel 1344 Cola di Rienzo si fa tribuno ed è ai piedi del colle che viene ucciso dieci anni dopo. Sul Campidoglio nel 1363 sono promulgati gli statuti della città comprensivi dei rioni con le loro bandiere. Nel 1538, con la collocazione al centro della piazza del Campidoglio della statua del Marco Aurelio, il colle pur essendo il luogo delle libertà cittadine si adegua alle solennità pontificie e nei secoli seguenti fa da scenografia alle visite romane dei sovrani stranieri o alle maggiori cerimonie papali.

Ma è sul Campidoglio che il 15 febbraio 1798 si erge l'albero della libertà e si fonda la Repubblica romana. La Repubblica romana nasce di nuovo nel 1849 e qui il 2 ottobre 1870, Roma è ufficialmente ricongiunta all'Italia. Il 29 novembre dello stesso anno è eletto il primo sindaco di Roma moderna, che accoglierà sul colle capitolino il re Vittorio Emanuele in visita a Roma.
Durante il fascismo vi stette il governatore di Roma e Mussolini ampliò a suo nome i musei. Con il ritorno della democrazia e la nascita della repubblica, sul Campidoglio nacque l'Europa unita, destinata a trasformare il futuro della storia dell'Occidente. Eppure questo colle è anche quello più presente, insieme a piazza S. Pietro, piazza Navona, piazza di Spagna, il Colosseo e il Foro Romano negli itinerari turistici e canonica era l'escursione in automobile nelle sere d'estate per andare a fumare l'ultimo mezzo toscano con gli amici a piazza del Campidoglio, accompagnandovi ospiti stranieri e illuminando con i fari la salita di via delle Tre Pile o quella di via di Monte Tarpeo. Sembrava di essere in un film di Fellini.


Sulla piazza risuonava l'acqua delle fontane e si raccontava della «civetta» sul cavallo di Marco Aurelio. Poi si scendeva accanto al palazzo Senatorio per vedere sotto il cielo stellato la valle monumentale del Foro Romano con le colonne e i ruderi illuminati dalla luna. Avevamo cenato poco prima da Angelino a Tor Margana, in una piccola piazzetta che poteva sembrare un eremo di antica quiete. Da qui alla manificenza dell'antico il contrasto era forte e eccitante e Roma appariva anche a noi che ci siamo nati la più bella fra tutte le belle città del mondo.
Il Foro Romano con le sue memorie archeologiche nasconde il perduto suo percorso attraverso il medioevo e i secoli successivi fino a quando gli scavi archeologici riportarono alla luce l'antico abolendo il moderno. È difficile perciò immaginare come era questa grande zona di Roma che, con le case che sorgevano ove ora è via dei Fori Imperiali, proseguiva senza soluzione di continuità nel rione Monti e con le case che stavano dalla parte di piazza Montanara nel rione Ripa. Nel medioevo il Foro Romano, ricco di ruderi a disposizione di ogni impresa edilizia, era poco più di un campo, con vecchie chiese e torri fortificate. Alcune di queste chiese sono sopravvissute con trasformazioni successive, altre, come S. Maria de macello o S. Maria in Campo Carleo sono invece scomparse.

Nel Cinquecento lo spurgo della Cloaca Massima, che occlusa aveva formato il famoso «pantano», diede luogo all'apertura di nuove strade: via Alessandrina, dal nome del cardinale Alessandrino, nipote di Pio v, e via Bonella.
Ma come tutti sappiamo a ritrasformare la zona non furono tanto gli scavi archeologici quanto l'apertura di via dell'Impero, poi via dei Fori Imperiali. Scomparvero la via di Mar-forio e quella di Testa Spaccata, cosiddetta da un antico ritratto di età romana. Cadde la chiesa di S. Lorenzo de Ascesa e via delle Chiavi d'Oro e ancora vicolo dei Carbonari, vicolo delle Marmorelle, via della Croce Bianca, detta poi di Malta, via del Sole, via in Miranda, via Cremona, via della Salara Vecchia, cosiddetta perché la percorrevano i carri che si recavano a caricare il sale nella salara capitolina. Fu tagliata la collina della Velia e scomparvero tracce di un villaggio preistorico di case romane repubblicane imperiali, forse anche testimonianze della Roma più antica mentre si rinvenne insieme ad alcune statue di età romana il teschio di elephas antiquus con una delle zanne lunga 3 metri.
Il 28 ottobre 1932 si inaugurava via dell'Impero: in dieci mesi erano stati demoliti 4547 vani (1000 famiglie traslocate), scavati 248.000 mq di terra e 52.000 di roccia tufacea e antichi calcestruzzi. Furono costruiti 12.000 mq di sostegno.
Nel primo anno di vita della nuova grande arteria vi transitarono 2.900.000 automobili, 700.000 autocarri, 270.000 vetture a cavalli e 6.000.000 pedoni. Il grande architetto le Cor-buisier ne rimase ammirato e noi restiamo combattuti tra il senso di una accettazione comunque avvenuta di ciò che appare moderno e una nostalgia forse anche un po' intellettuale per quello che leggiamo perduto e che non abbiamo conosciuto e ripensiamo ai secoli andati, a quando il colle capitolino era detto «colle di Fabatosta» perché la povera gente vi poteva comprare ogni giorno le fave che fresche, tra aprile e maggio, o secche erano uno dei pochi piatti che poteva permettersi. Nel percorrere gli itinerari seguenti si consiglia di munirsi di binocolo e, eventualmente, di macchina fotografica.


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